La Costa d’Avorio e la panchina ballerina: Gasset, Renard e Faé

La Costa d’Avorio e la panchina ballerina: Gasset, Renard e Faé

Febbraio 10, 2024 0 Di Luca Sisto

Qualche volta vi sarà capitato, in un luogo pubblico, che qualcuno accusasse un malore. La classica frase che avrete sentito, dopo l’agitato invito a chiamare, nel caso, un’ambulanza, è “c’è un dottore qui?”

Ecco, una volta che il paziente Costa d’Avorio ha accusato una seconda sconfitta, piuttosto roboante, per 4-0 contro la Guinea Equatoriale, i vertici della federazione del Paese ospitante hanno dato l’immediato benservito all’allenatore Gasset, principale colpevole di un fallimento tecnico imprevedibile, prima ancora di sapere se gli Elefanti avrebbero continuato o meno la competizione.

La Costa d’Avorio è stata ripescata, con soli tre punti, per il rotto della cuffia.

Ma, ormai, senza più un allenatore.

Qualcuno deve aver guardato attentamente in tribuna semmai ce ne fosse stato uno libero. Ed avrà scorto lo stregone degli stregoni, di professione ex caposquadra di una ditta di pulizie, successivamente proprietario della stessa. A tempo perso, anche ex calciatore. Solo più tardi allenatore di successo.

Insomma, non uno che abbia paura a sporcarsi le mani.
Accanto alla sua attuale compagna, vedova del leggendario Bruno Metsu, Renard avrebbe accettato di buon grado, e di buon portafogli immaginiamo, di guidare gli Elefanti fino al termine della competizione.

Del resto, il suo rapporto con la Coppa d’Africa, è fatta di due successi unici nella loro storia.

Hervé Renard: dallo Zambia alla Costa d’Avorio

27 aprile 1993. Il velivolo che trasporta la nazionale di calcio dello Zambia, un de Havilland Canada DHC-5 Buffalo marche AF-319 dell’aeronautica militare zambiana, si inabissa nell’Atlantico, dopo lo scalo a Libreville, in Gabon, a 500 metri dalla costa.
Lo Zambia avrebbe dovuto affrontare il Senegal in una gara valevole per le qualificazioni a USA ’94. Muoiono i 25 passeggeri e i 5 membri dell’equipaggio. Fra i 18 calciatori della nazionale, mancano la stella del PSV Kalusha Bwalya, che avrebbe raggiunto i compagni più tardi a Dakar a causa degli impegni di club, e Charlie Musonda dell’Anderlecht, infortunato.
Parte di quella nazionale era stata protagonista della vittoria per 4-0 contro l’Italia Olimpica a Seul ’88.

La nuova nazionale, assemblata in meno di un mese, viene eliminata dalla corsa ai mondiali per un solo punto dal Marocco, perdendo 1-0 nell’ultima giornata. Arriva inoltre alla finale della Coppa d’Africa 1994, persa contro la Nigeria.

Diciannove anni dopo, il 23 febbraio 2012, lo Zambia, guidato in panchina da Hervé Renard, discepolo dell’altro stregone bianco Claude Le Roy, raggiunge nuovamente la finale della Coppa d’Africa, stavolta contro la generazione d’oro della Costa d’Avorio.
Si gioca, ironia della sorte, a Libreville.
I Chipolopolo vincono ai rigori e si raccolgono in preghiera, nel ricordo dei grandi compagni che morirono in quell’incidente.

Un piccolo sogno infranto per lui, l’inizio di un nuovo sogno per gli Elefanti

Per Hervé Renard si sarebbe quindi trattato di un ritorno sulla panchina della nazionale che aveva sconfitto in finale nel 2012 e che aveva condotto, orfana di Drogba, finalmente alla vittoria nel 2015.

Dopo la vittoria sull’Argentina ai Mondiali con l’Arabia Saudita, e dopo aver tentato l’avventura mondiale femminile con la Francia, della quale è ancora sotto contratto, Hervé Renard ha la possibilità di rientrare in gioco: perché se hai bisogno di un dottore, chi meglio del “Dottor Stranamore”?

Ma il sogno non si realizza. La federazione francese non dà il via libera. “Non era destino”, affermerà Renard. Sulla panchina ormai vuota si siede Emerse Faé, dello staff di Gasset ormai a casa e persino umiliato dall’idea di non poter neppure ricevere un’eventuale medaglia, che in quel momento sembrava un miraggio.

Agli ottavi di finale, I Leoni della Teranga vanno a salutare gli Elefanti al cimitero, ma è una trappola: come la Fenice, a Yamoussoukro, la Costa d’Avorio risorge dalle ceneri dell’ultimo ripescaggio utile, carica a testa bassa nonostante un arbitraggio discutibile, chiude con un improbabile 424 ma il Senegal non ne ha più per ripartire e subisce il pari che manda la partita all’extra time e infine ai rigori, dove gli uomini di Cissé si vedono scucire la Coppa dal petto.
L’unica squadra a punteggio pieno nel girone, va fuori contro l’unica passata con due sconfitte.

Formula rivedibile, ma il calcio africano resta uno dei meno prevedibili. Nel frattempo, la Guinea Equatoriale, che aveva umiliato la Costa d’Avorio, era andata fuori sbagliando un rigore e beccando il gol eliminazione al 98′ dei regolamentari.

Caso più unico che raro quello degli Elefanti di JL Gasset, cacciato a pedate da gruppo e federazione ivoriana dopo lo 0-4 rimediato dalla Guinea Equatoriale.

L’ambiente si è compattato intorno ad una vittoria, che non era neanche loro: quella del Marocco sullo Zambia. Due nazionali che ritornano in questa storia, come ritornano Hervé Renard e la Costa d’Avorio, ma questa volta il matrimonio non si compie.

Al capezzale degli Elefanti, appunto, resta l’allenatore in seconda, Emerse Faé, 40 anni, una carriera ancor giovane spesa fra le giovanili di Nizza e Clermont.

A decidere la formazione, è evidente, sono i senatori del gruppo. Ma i cambi e la musica sono tutte sue.

E la Costa d’Avorio riprende una marcia interrotta già dalla seconda partita, persa contro la Nigeria. Tornerà, anche lei.

La vittoria ai rigori contro la favorita Senegal, campione uscente, viene seguita, al 120′ in inferiorità numerica, da quella contro le aquile rampanti del Mali, col tacco di Diakite, iradiddio da quando ha fatto il suo ingresso in campo.

Chelle, allenatore del Mali che aveva praticato il miglior calcio della coppa, si sente male. Lui, nato ad Abidjan da genitori maliani. Un derby amaro. Un derby anche per Jean-Marc Guillou, il creatore della generazione d’oro ivoriana che sta cercando, con la JMG Academy, di fare lo stesso anche a Bamako.

Gli Elefanti sono risorti e marciano a tappe forzate verso la semifinale contro l’ex Zaire.

Gasset è andato a casa. Ma questo è calcio per nazionali, e se lo stregone bianco ha il malocchio, tanto vale mettere in panchina un figlio dell’Afrique noir.

Perché più noir di questa Coppa d’Africa, in effetti, c’è davvero poco.

In semifinale arriva un’altra nazionale in gran forma, la Repubblica Democratica del Congo, che però non spezza il momento d’oro degli Elefanti: il gol decisivo è del redivivo Haller, uno che è appena passato dal calvario del cancro e di vari infortuni. Il suo destro al volo, schiacciato a terra, si avvita in una traiettoria imprendibile che scavalca il portiere congolese. Finale, contro la Nigeria di Osimhen. Una rivincita della fase a gruppi.

Comunque vada, una storia incredibile, anche senza Renard in panchina.

 

Immagine di copertina tratta da Wikipedia.