C’era una volta il mestiere di giornalista, c’era una volta il Napoli vincente
Marzo 17, 2024“Le piace viaggiare sulle trame spallettiane?… Lei viaggia sulle trame spallettiane?
Sì… sempre, guardate… cioè, proprio, mi trovo bene …”. Quasi a voler immaginare lo sketch “L’Attore” de La Smorfia.
Napoli e il Napoli ci sono ricascati, prigionieri di un passato un tempo troppo lontano e ora troppo vicino. È la naturale conseguenza di una terra che seppur piena di storia, cultura, ricchezze ed eccellenze è povera di successi nel mondo calcistico.
E allora, se prima per 33 anni si provava a combattere la nostalgia accostando i ricordi a quella che fu l’epoca di Maradona, oggi si tenta di riproporre il modello vincente dello scorso anno, senza successo.
Così la città torna a circondarsi di quel sentimento di malinconia che spesso, per un motivo o per un altro, la impregna. Luciano Spalletti c’era riuscito a tagliare nettamente col passato, oggi è diventato lui stesso motivo di rimpianti.
A mo’ di barzelletta – c’erano un francese, un toscano e un calabrese – il pensiero di copiare e incollare la cavalcata trionfale del terzo scudetto è partito affidandosi ad un tecnico che di spallettiano non aveva nulla, forse solo l’antipatia che un tempo caratterizzava l’attuale c.t. della nazionale.
Il corregionale Marrazzi poi, che del calcio di Spalletti si era dichiarato studioso, è stato rimandato e poi bocciato. Ora con Calzona, una parziale ripresa della squadra sul piano dei risultati c’è stata, sul piano del gioco no. Il tentativo di pressing è lontano parente della riaggressione che rendeva il Napoli famelico, la difesa alta può essere tranquillamente infilata alle spalle e permangono le praterie a disposizione degli avversari.
La conferenza stampa di De Laurentiis è stata in linea col personaggio
Eppure, si continua a raccontare di svolta impressa dall’allenatore della nazionale slovacca, che ha sì messo mano su alcuni aspetti critici – l’attacco azzerato da Mazzari ha ripreso a segnare – ma che avrebbe anche rispolverato le famose trame spallettiane. “Colpa” anche di un modo troppo frettoloso di raccontare le cose.
La stampa locale e il Napoli attuale: un modo frettoloso e isterico di raccontare i fatti
Un tempo, senza i social network, l’unico mezzo che il giornalista aveva per esprimersi era la carta stampata, o il canale televisivo. Metodi dunque non istantanei, che in qualche modo lo portavano a riflettere, a raffreddare la mente, ad approfondire prima di scrivere. O di aprir bocca.
Con l’avvento e la capillare diffusione di Facebook, Twitter, IG e altro ancora, coloro che sono dotati di un ampio seguito sono portati a creare post continui, i primi pensieri si trasformano nell’immediato in parole, in una corsa a chi riesce ad arrivare prima sull’espressione dei concetti, con l’ampio rischio di risultate gravemente superficiali.
I giornalisti si sono trasformati in influencer dell’informazione. Come scrive Murakami Haruki ne “Il mestiere dello scrittore”: “la qualità non ha alcuna forma concreta, ma la prende quando riceve premi e medaglie. E la gente la nota”. In questo caso premi e medaglie sono individuabili in like e condivisioni.
L’universo giornalistico napoletano – poi chissà, anche italiano – si costituisce di molteplici e diverse componenti.
Al vertice ci sono i capo-mantra, persone che al mattino lanciano un tema ripetuto a filastrocca per un certo periodo di tempo dai vari seguaci, come se non fossero in grado di esprimere parole proprie.
Esistono poi gli auto-intellettuali, coloro che hanno deciso che solo il loro verbo è verità e chi differisce dal pensiero è etichettato, non senza scherno, come “colui che non capisce niente”.
Non si dimentichi i pasdaran della rivoluzione azzurra – chi critica il Napoli è automaticamente tifoso della Juventus (chissà perché non di un’altra squadra) – né i giornalisti-ultras, per i quali solo coloro che vanno allo stadio possono parlare, gli altri sono tifosotti da divano.
Sono compresi anche quelli dell’intelligence, lanciatori di notizie enigmatiche, prive di riferimenti ma che solo loro sono in grado di sapere, per cui gli altri dovrebbero tacere.
Chiudono gli auto-celebrazionisti, con il classico “ve l’avevo detto”.
Il tutto in una guerra perenne tra le varie fazioni, fatte di scontri social-verbali in una gara a chi è migliore degli altri.
Sopravvivono i pochi e veri intenditori, da assumere quali mentori e che dovrebbero costituire punti di riferimento. Ma sono la minoranza – usano di rado i social – e rischiano di scomparire.
C’era una volta il mestiere di giornalista. C’era una volta il Napoli vincente.
Luigi Ottobre è laureato in Turismo per i Beni Culturali. Giornalista pubblicista dal 2019, ha scritto per il portale ‘Il Mio Napoli’ e scrive attualmente per GiornaleNews di Maddaloni, per il quale segue il Napoli anche dal Maradona. Appassionato di tennis, pallavolo e Moto GP, fa parte della famiglia di F&L dal 2024.
Immagine di copertina tratta da Wikimedia: la tribuna stampa dello Stadio San Paolo, prima della ristrutturazione in occasione delle Universiadi del 2019.