Clásico del Cobre: Cobreloa-Cobresal

Clásico del Cobre: Cobreloa-Cobresal

Marzo 30, 2024 0 Di Alessandro Sanna

El Salvador e Calama distano, in linea d’aria, duecento chilometri. Duecento chilometri di vento caldo e sabbia nel mezzo del deserto di Atacama, nel nord del Cile.

Distanza apparentemente piccola ma il cui valore triplica nel caso in cui a qualcuno venisse in mente di percorrerla in automobile. Due città vicine ma appartenenti, amministrativamente, a due regioni diverse.

Due città sviluppatesi per necessità e con un unico filo conduttore che le unisce: il rame (cobre).
Proviamo quindi a percorrere la linea immaginaria che solca il deserto tra storia, miniere e ovviamente fútbol.

Il deserto di Atacama: dove l’ambiente si è arreso allo sviluppo economico

Se una zona desertica è generalmente considerata uno dei luoghi meno vivibili al mondo, Atacama lo è ancora di meno. L’altitudine media è di 4000 metri, l’assenza di nubi rende l’aria secca e la quantità di luce solare, che cuoce letteralmente il suolo, è la più alta che si può registrare sulla Terra. Condizioni che, però, consentono ai pochi abitanti, e a coloro i quali si spingono fin lì, di godere di un cielo stellato che non ha eguali al mondo.

Atacama è un luogo ostile all’uomo il quale, nonostante le condizioni atmosferiche avverse, ha trovato, negli anni, il pretesto per giustificare i seppur piccoli insediamenti. Senza contare la porzione di deserto situata in territorio peruviano e considerando quindi solamente l’area amministrata dal governo cileno, Atacama accoglie poco meno dell’8% della popolazione totale.

Un milione e trecentomila persone le cui uniche fonti di reddito sono il turismo, nelle strettissime lingue costiere, e soprattutto l’industria mineraria che, da sola, rappresenta un terzo del PIL del Paese. Il Cile è, infatti, il primo produttore al mondo di rame e di nitrati, il secondo di litio e il terzo di molibdeno. Inoltre contribuisce, largamente, alla produzione di minerali strategici come le terre rare. In questo scenario il deserto di Atacama svolge un ruolo da assoluto protagonista. A due passi da Calama sorge infatti il sito minerario di Chiquicamata, la miniera a cielo aperto di rame più vasta sulla Terra.

Analogamente, lo sviluppo urbano di El Salvador si deve esclusivamente alla presenza dell’omonimo centro estrattivo.

Il deserto di Atacama è ormai da tempo l’emblema del sempre attuale conflitto tra sviluppo economico e ambiente. È l’esempio lampante di quanto gli interessi economici prevalgono nettamente sulla tutela ambientale e di come l’economia circolare sia ancora una chimera. El Salvador e Calama, infatti, sono sempre state città di lavoro e malattia. Polveri sottili, minerali di scarto ammassati come se fossero colline, barili di cianuro e di altre sostanze acide impiegate per separare il rame dagli altri metalli.

L’area è una discarica a cielo aperto legalizzata e contro la quale nessuno può opporsi. Silicosi e carcinoma polmonare sono le normali conseguenze di una situazione che in troppi ignorano. Come se ciò non bastasse, da qualche anno, Atacama si è arricchito di oltre 40.000 tonnellate di vestiti e tessuti di vario genere, abbandonati in mezzo al nulla dalle aziende tessili più importanti al mondo. I materiali, per lo più sintetici e quindi derivati dal petrolio, per decomporsi naturalmente impiegano anche trecento anni. Nel frattempo rilasciano continuamente sostanze inquinanti. Le implicazioni per la salute possono essere devastanti.

Cobresal e Cobreloa: anche nel deserto c’è spazio per il fútbol

Dove c’è l’uomo c’è e ci sarà sempre un pallone. Cobresal e Cobreloa sono due squadre che confermano la regola.

Il Club de deportes Cobresal ha sede a El Salvador. Oltre che al nome sociale, il rame ha ispirato anche la denominazione dell’impianto, Estadio El Cobre, la cui capacità (circa 12.000 posti) è superiore di quasi il doppio al numero di abitanti della città stessa.

Un insediamento nato alla fine degli anni ‘50 in concomitanza con l’avvio dello sfruttamento delle miniere da parte di alcune imprese statunitensi. Nel 1979, pochi anni dopo la nazionalizzazione delle miniere e la fondazione della CODELCO, venne istituito il club calcistico che, ancora oggi, è controllato dall’impresa mineraria statale.

Due anni prima, nella non lontana Calama, veniva fondato il Club de Deportes Cobreloa. Anche in questo caso fu decisiva l’influenza della CODELCO, oltre che di altri gruppi locali. A differenza, però, dei cugini del Cobresal, la partecipazione statale nel club di Calama fu tale fino al 30 marzo 2006 quando, grazie alla riforma normativa sulle società sportive professionistiche, il club divenne una società anonima sportiva.

Si infiamma il clásico del cobre: da perfetti sconosciuti a campioni nazionali

Un solo anno. Questo è il tempo impiegato dal Cobreloa per conquistare la promozione e disputare, nel 1978, il suo primo campionato di Primera División concluso poi inaspettatamente al secondo posto. Una posizione confermata e conservata nella stagione successiva fino al materializzarsi del sogno di diventare campione nazionale al quarto anno di calcio professionistico.

Un sogno che poteva raggiungere proporzioni stellari nei due anni successivi, 1981 e 1982, quando in entrambi i casi, Flamengo prima e Peñarol poi, sconfissero i cileni nell’atto conclusivo della Copa Libertadores.

Il livello raggiunto dal club negli anni ‘80 è la spiegazione del perché la rivalità maggiore sia con il Colo Colo piuttosto che con le società geograficamente più vicine. Tra il 1980 e il 1992 il Cobreloa fu il principale contendente al titolo dei Cacique di Santiago i quali si videro battuti in ben cinque occasioni.

Nel frattempo anche il Cobresal riuscì a conquistare la primissima categoria del fútbol cileno, chiudendo al secondo posto i tornei del 1984, vinto dalla Universidad Cátolica, e del 1988, alle spalle proprio del Cobreloa. Entrambe vinsero poi la Coppa del Cile ma, nel mentre che il Cobreloa stazionava ai vertici del campionato collezionando vittorie e secondi posti, il Cobresal iniziava quel lento declino che portò, prima, all’inevitabile retrocessione, e poi a salire e scendere dalla segunda división.

Il 2015 può tranquillamente considerarsi come l’anno della svolta. L’anno in cui tutto si ribalta. Al primo storico campionato nazionale vinto dal Cobresal si contrappose la retrocessione del Cobreloa dopo 37 anni dalla sua nascita.

Mineros contro zorros: a distanza di nove anni la primera división ha riabbracciato il clásico del cobre

Così come in tutto il subcontinente, anche in Cile sono immancabili gli apodos. Se dal lato Cobresal il termine Mineros (minatori) è di facilissima spiegazione, forse è meno intuitiva la ragione per la quale il Cobreloa è conosciuto come il club delle volpi (Zorros). Il particolare nomignolo deriva dalla presenza, ormai solamente nell’area andina, del culpeo (Lycalopex culpaeus) o più semplicemente volpe del deserto.

Di quanto accaduto nel 2015 abbiamo già accennato. Se gli avvenimenti di quella stagione possedevano in qualche modo il carattere dell’inaspettato, ancora meno atteso era il calvario, lungo nove anni, subito dal Cobreloa nei meandri della segunda división.

Al torneo del 2015, in un certo qual modo, può essere contrapposto quello dell’anno passato. Unica differenza, festeggiamenti e lacrime a parti invertite. Stavolta, infatti, è il Cobreloa a poter festeggiare la tanto agognata promozione. D’altro canto, però, il Cobresal ha vissuto un amaro epilogo di campionato, concluso sì al secondo posto, ma dopo averlo letteralmente buttato al vento nelle ultime giornate ai danni del Huachipato.

In Cile la stagione 2024 è appena cominciata ma lo scorso 2 di marzo, finalmente, Cobresal e Cobreloa hanno potuto sfidarsi nuovamente in campionato. Una partita combattuta, terminata 2-1 per i padroni di casa del Cobreloa, risolta solamente sul finale grazie al rigore, discusso al VAR, realizzato dall’argentino Insaurralde.

 

Alessandro Sanna è un insegnante, tifoso del Cagliari e del Newell’s Old Boys, esperto di calcio sudamericano.

Ha scritto due libri: “Fantasie calcistiche rioplatensi: Storie di fútbol tra fantasia e realtà e ¡Que viva el fútbol!: Storie, aneddoti e cronache delle più accese rivalità sudamericane”.

Fondatore della pagina, del Podcast e del canale twitch “Que Viva el Fútbol”. 

Collabora con Carlo Pizzigoni a “La Fiera del Calcio”.

 

Immagine di copertina tratta da Wikimedia Commons: lo stadio “Zorros del Desierto” durante un Clásico del Cobre, ripreso durante l’esultanza dei tifosi di casa dopo un gol.