Antonio Congiu: il “cinghiale” che volava

Antonio Congiu: il “cinghiale” che volava

Aprile 13, 2024 0 Di Simone Rinaldi

Nella Storia, o meglio nella Storiografia, c’è sempre un prima e un dopo: Avanti o Dopo Cristo, Anteguerra e Dopoguerra, Civiltà Preromane, Precolombiane, era Postindustriale e via declinando.

Il Calcio non fa eccezione e naturalmente in Sardegna l’Anno Zero coincide con l’epopea di Gigi Riva segnata dell’incredibile scudetto conquistato dalla banda di Scopigno.

Ma cosa c’era prima? Chi era ad esempio l’idolo delle folle dell’Amsicora prima dell’avvento di “Rombo di Tuono”?

Antonio Congiu: l’11 prima di Riva

A cedere la mitica maglia numero 11 a quarti Rossoblu al Bomber di Leggiuno oltre che a precederlo nel cuore dei tifosi fu un Sardo vero, con un viso da Sardo e un nome e cognome Sardi che più Sardi non si può: Antonio Congiu, detto Tonino.

Nato nel Capoluogo a febbraio del 1936, dopo gli inizi in una squadra chiamata Stella Bianca, Congiu fa tutta la trafila nelle giovanili fino ad approdare in prima squadra nella seconda metà degli anni Cinquanta, finendo per togliere il posto all’idolo di allora Giancarlo Mezzalira (un altro “Continentale” arrivato giovanissimo in Sardegna) quando il “Casteddu” veleggia tra B e C e proprio quando la squadra trasloca dal vecchio campo di Via Pola allo Stadio dedicato al condottiero indigeno che ai Romani causò non pochi grattacapi.

La svolta arriva nel 1964 quando, sotto la guida di Arturo Silvestri e l’innesto di alcuni importanti elementi tra i quali Luigi Riva dal Legnano, la squadra Sarda riesce a conquistare per la prima volta la promozione in Serie A, classificandosi secondo, dietro il Varese.

Il Nostro vive il momento da protagonista assoluto. I tifosi lo hanno soprannominato “Su Sirboni” che nella variante Campidanese della Lingua Romanza più bella del Mondo significa “Il Cinghiale” (dalle mie parti, dove tra l’altro sono più numerosi, viene chiamato “Porcrabu”) perché giocando all’ala sinistra la sua specialità era quella di disorientare il proprio marcatore con una repentina sterzata che finiva per mettere fuori equilibrio l’avversario.

Una difficile coesistenza

Un momento, abbiamo detto ala sinistra? D’accordo, da lì a poco Rinus Michels avrebbe rivoluzionato ruoli e modi di stare in campo, ma giocare con due Numeri Undici proprio no e c’è Riva! Come si fa?
“Gigi era il più forte di tutti – racconterà Congiu alla presentazione della sua autobiografia – ma io ero ambidestro, avremmo anche potuto giocare insieme ma non ce lo hanno permesso “.

E così a partire dal 62/63 (in B) i due non vanno in tandem ma in staffetta: se gioca uno non gioca l’altro creando anche qualche divisione tra chi preferisce l’idolo di sempre e chi colui che diventerà l’Eroe di un Popolo.

Gigi Riva: il legame unico tra un uomo e il suo popolo

Il Mister li gestisce a meraviglia: quando il giovane “Continentale” ha qualche calo di rendimento arriva il rilancio di Congiu, che torna poi ad accomodarsi fuori quando Riva torna a stare e le sue prestazioni saranno decisive per la Promozione.

A primavera avviene la decisiva maturazione di Riva e Congiu è talvolta impiegato come ala destra. Sul primo storico traguardo del Cagliari c’è dunque il marchio di entrambi.

Dalla promozione all’esordio in A di Tonino Congiu

Con la Promozione la Undici la prende “Giggirriva”, tranne in alcune sporadiche occasioni, come ad inizio campionato contro la Samp quando, alla terza giornata, Congiu esordisce in massima serie con la maglia numero Sette, giusto tributo ad un uomo che fu (insieme a Mario Tiddia) l’alfiere Sardo del Cagliari che stava disegnando la Sardegna sulla mappa del calcio italiano. La stagione 1964/65 è anche quella del ritiro dall’attività agonistica dopo 170 presenze e trentadue reti tra A, B e C tutte vestendo la maglia Rossoblu.

Dopo il ritiro resta fedele al suo Cagliari anche da allenatore come tecnico delle giovanili, fino alla Primavera. E poi vice allenatore della prima squadra. Ottimo il suo rapporto con Giagnoni tanto che è lui a prendere in mano la partita nel maggio 1987 contro il Genoa quando il tecnico di Olbia abbandona lo stadio in polemica con la squadra e l’ambiente ribaltando il risultato da 0-2 a 2-2.
Lascia definitivamente la squadra agli albori degli anni ’90, poco prima di un’altra entusiasmante rinascita, quella targata Ranieri, per ritornare in arcione cinque anni dopo alla guida delle ragazze della mitica società Delfino.

Era un Cinghiale, non un’aquila, ma volava. Era e fu Tonino Congiu.

 

Testo di Simone Rinaldi. Tifoso del Bologna e della Virtus, Simone vive lo sport a 360 gradi. Pubblica quotidianamente contenuti sui suoi gruppi “Calcio Caraibi” (con Davide Tuniz) e “Sportsaround” (con Luca Sisto). Per passione scrive su Football&Life.

Immagine di copertina tratta da Wikipedia.