C’era una volta la rivista del club
Aprile 16, 2024Ormai è notorio che la ‘comunicazione’ dei club segue le abitudini della società e dei tifosi, anche di quelli più in là con gli anni. Dopo essersi aperti prima a Facebook, X e poi a Instagram, da qualche stagione le società calcistiche si sono ‘concesse’ anche a TikTok con profili che raccontano partite e calciatori seguendo i trend del momento. Dal tweet del presidente agli sfottò tra calciatori il passo è apparso supersonico. Tutto (o quasi tutto) sui social. E’ stata un’inesorabile trasformazione che ha riguardato tutti i media, passati in molti casi dal fisico al digitale, e che non poteva ovviamente non coinvolgere anche il calcio. Ma cosa succedeva prima di questa rivoluzione copernicana nella comunicazione?
E’ definitivamente tramontata l’epoca in cui l’unica forma di ‘comunicazione’ dei club era la carta stampata? Dove sono i giornali e le riviste distribuiti allo stadio e nelle edicole che approfondivano ogni aspetto della vita della squadra? Dai ritiri alle gare della domenica, dalla vita privata dei calciatori all’intervista più impensata, dalle pagine dedicate ai lettori ai poster da appendere in camera, dalle dichiarazioni shock alle analisi dei prossimi impegni. Tutto faceva comunicazione, tutti si appassionavano di tutto. Purché si parlasse della propria squadra del cuore.
Cara, vecchia, carta stampata. Dove sei? Avete mai sentito parlare di ‘rivista ufficiale del club’ o è qualcosa che appartiene all’era paleolitica? Il profumo della carta, l’attesa settimanale (o mensile), la corsa in edicola per acquistarla, le foto dei tuoi beniamini.
Le notizie. Ecco, le notizie. Quelle un po’ più approfondite sulla tua squadra le potevi leggere solo su quel tipo di magazine. I quotidiani sportivi, al confronto, apparivano come dei miseri bollettini di politica/guerra. Una bella pagina sul ‘Corriere dello sport’ o sulla ‘Gazzetta’ non equivaleva al ben di Dio che si trovava su quelle riviste, tutte piene dei colori della squadra per cui facevi il tifo con le foto più belle delle partite. Foto che, nell’era pre Internet, facevano sognare ad occhi aperti.
In questo particolare campo dell’editoria, molti club italiani e internazionali hanno avuto una lunga tradizione alle spalle e qualcuna di queste riviste esce ancora, magari con un format più moderno, con redazioni ‘fisiche’ ancora esistenti. Le prime nascono agli albori del ‘900 per creare un ponte di comunicazione tra squadra e tifosi.
Fu quella l’intuizione. La Juve lanciò il mensile “Hurrà Juventus” già nel 1915, una rivista composta da sole sei pagine in bianco e nero e senza immagini. Ora la tiratura è diminuita diventando un annuario, ma rimane il più antico periodico d’Italia dedicato a un club sportivo. Il vero boom ci fu però negli anni ’60 con la pubblicazione di “Forza Milan!” (pubblicazioni cessate nel 2018) ed “Inter Football Club” (non esce più dal 2009) che fornivano ai tifosi della città meneghina approfondimenti, statistiche e interviste esclusive, ma anche notizie sul settore giovanile, sezioni di giochi e una posta dei lettori, che potevano inviare le proprie lettere.
Anche per “Hurrà Juventus” ci fu poi un derby quando nacque “Alè Toro”, una rivista molto longeva che è durata fino agli anni 2000. Sicuramente dimenticheremo di segnalarne qualcuna ma tra le tante, ahimè scomparse, citerei “Sampdoria club”, “Alè viola”, “Qui sport” (dedicato al Bologna), “La Roma” che si è alternata, nel tempo, con altre riviste similari visto il clima caldo del tifo giallorosso.
Di queste ultime non si hanno più notizie da tempo in corrispondenza della crisi dell’editoria cartacea e la nascita di nuovi media mentre alcuni magazine continuano a uscire regolarmente. Tra questi ci sono “Lazio Style 1900”, che racconta ancora mensilmente le partite dei biancocelesti, ma anche “L’Udinese” e “1928”, dal 2014 la rivista ufficiale del Frosinone, nata nell’anno della storica prima promozione in Serie A.
A Napoli parlare della squadra della città è come prendere un caffè al mattino o mangiare un piatto di spaghetti. Lo fanno tutti, spesso a torto o a ragione. Quindi i quotidiani ed i settimanali di un tempo (come dimenticare “Sport Sud” e “Lo Sport del Mezzogiorno”?), i siti, le radio ed i social di oggi hanno avuto sempre una vasta eco nelle discussioni tra tifosi azzurri. Eppure la prima rivista ufficiale degli azzurri nacque solo agli inizi degli anni ’90 del secolo scorso.
Prima di quel ‘parto’ a Napoli ci furono due tentativi, piuttosto riusciti, ma in entrambi i casi non ci fu mai l’approvazione della società che non riconobbe quelle riviste quali le ‘ufficiali’ del Napoli. Parliamo in particolare del “Napoletano”, uscito tra il 1974 e il 1977, e di “Supersport 2000”, durato un decennio, tra il maggio 1990 e il febbraio 2000. In tutti e due i casi le riviste avevano una grande fetta del giornale dedicata al Napoli, proprio nello stile delle riviste dei club, con articoli ed approfondimenti molto particolari. Le chiameremo le ‘voci di dentro’, come suggerì un antico cronista.
Il “Napoletano”, che trattava di cronaca, politica, spettacolo, offriva un terzo delle sue pagine allo sport e in particolare al calcio Napoli. La direzione era in Via Crispi, curiosamente nella stessa strada della sede del Napoli, e il direttore responsabile era Francesco ‘Ciccio’ Degni, una delle penne più influenti del giornalismo napoletano dell’epoca. Al giornale collaboravano firme quali Domenico Rea, Nando Spasiano, Vittorio Paliotti, Giorgio Verdelli e la squadra dello sport era formata da veri fuoriclasse.
Scrivevano, infatti, del Napoli, Giuseppe Pistilli, Antonio Scotti, Ugo Irace, Franco Ferrara, Clemente Hengeller, Nino Masiello, Orio Bartoli e Vittorio Cisternino. Furono loro a raccontare uno dei Napoli più belli della storia, quello furente e all’olandese di Luis Vinicio, dagli anni ruggenti del secondo posto fino a quando si ruppe il giocattolo dopo il famoso “scippo di Bruxelles” contro l’Anderlecht.
“Supersport 2000”, diretto da un signore del giornalismo come Maurizio Romano, era già più orientato a diventare l’organo ufficiale della società poiché largo spazio del giornale veniva dedicato al Napoli. Purtroppo non arrivò mai la combinazione magica con Ferlaino il quale rimandò ancora una volta la decisione di affidare ad una rivista le preziose informazioni sulla squadra di cui era primo dirigente.
Conoscendo l’ingegnere potremmo azzardare un pericolo fiutato. E se la rivista fallisce, chi ci rimette? Pensiamo male? chissà. La rivista, bella e patinata con tante foto a colori, ospitava tra le sue firme Paolo Valenti, Mimmo Carratelli, Gianfranco Lucariello, Mario Orfeo, Antonio Scotti, Fabrizio Failla, Rino Cesarano, Italo Kuhne e Luciano Scateni, quasi tutti personaggi che, come il direttore, lavoravano in RAI per ‘La Domenica Sportiva’, ‘Novantesimo Minuto’ e ‘Domenica Sprint’. Insomma, il gotha di certo giornalismo che entrò nelle nostre case raccontando gli ultimi anni di Maradona fino alla promozione in serie A con Novellino e Schwoch.
Vista l’ottima esperienza di “Supersport 2000”, ormai i tempi per creare la prima rivista ufficiale del club erano maturi. Nasce così, nel settembre 1991, “Il Napoletano nuovo” (per distinguerlo dal vecchio Napoletano uscito negli anni ’70), voluto da Ferlaino e dalla società nell’era post Maradona. Chissà, forse il popolo azzurro doveva riacquistare fiducia, entusiasmo e speranza dopo l’addio di Diego, scappato in Argentina sei mesi prima. Quindi, in coincidenza con la nuova stagione calcistica, esce in edicola il primo numero del “Napoletano nuovo”. Inutile dirlo, la rivista è una vera manna per i tifosi partenopei.
Poster in omaggio, le foto del Napoli a colori, le interviste, la posta, qualche bellissimo amarcord, mostrare le case dei calciatori con interviste esclusive, la Primavera azzurra, gli avversari, il merchandising. Ferlaino fa le cose in grande e chiama a collaborare con la rivista giornalisti del calibro di Italo Cucci, Carlo Franco, Rosario Pastore, Francesco De Luca, Mimmo Malfitano, Piero Delle Cave, Candido Cannavò, Giorgio Tosatti, Gianni Minà e Antonio Scotti. Direi una nazionale mondiale del giornalismo. Sfortunatamente la rivista cessa le pubblicazioni nel giugno del 1993, dopo nemmeno due anni di vita, dopo aver narrato le ‘gesta’ di cavalieri erranti quali Ranieri allenatore, Zola, Ferrara, Blanc, Alemao, Careca, Padovano, Silenzi, Corradini, Baroni e tanti altri.
Con lo stesso Ferlaino, che inizia il percorso per poi lasciare tutto nelle mani di Naldi e Corbelli, riparte un nuovo organo societario che attraverserà il periodo più buio e tribolato della squadra azzurra nell’era pre De Laurentiis. La rivista, che esce in edicola per la prima volta nell’ottobre del 2001, si chiama semplicemente “Il Napoli” e la direzione viene affidata a Gianluca Gifuni.
Tutte le foto sono dell’Agenzia Mosca mentre la sede coincide (finalmente!) con quella del Calcio Napoli. Via Vicinale Paradiso, 70. Soccavo, dice niente? Vi collaborano Gianfranco Lucariello, Mimmo Malfitano, Mimmo Carratelli, Michele Sibilla, Luigi Necco e tanti altri. I protagonisti di quel triennio non esaltano la folla azzurra perché la squadra è sempre in serie B. Mancini, Bonomi, Villa, Troise, Saber, Magoni, Husain, Bocchetti, Sesa, Rastelli, Jankulovski, non proprio uno squadrone. La triste e solitaria fine coincide col più brutto periodo che i napoletani ricordino. E’ il giugno del 2004 quando esce l’ultimo numero. E’ il grido di agonia di una società che sta per fallire. La copertina è abbastanza eloquente, “Uniti!”. Un’unità che purtroppo non arriverà mai tra cordate, imprenditori, azionariato popolare e nemmeno l’ombra di chi potrà acquistare una società sull’orlo del fallimento.
Quella de “Il Napoli” sarà la seconda ed ultima volta in cui il Napoli ha avuto un organo ufficiale, una voce della società che facesse da tramite con i tifosi. Ma, come sappiamo, Partenope è una polveriera sempre pronta ad esplodere, sotto la cenere del vulcano bolle sempre qualcosa. Stavolta non sono i vecchi volponi della carta stampata ad essere messi insieme in una squadra perfetta ma dei giovani giornalisti che ci riprovano, fanno una scommessa e credono nel loro progetto editoriale.
Nasce così, senza che la società ne sponsorizzi minimamente le uscite e gli articoli, “Napolissimo” che durerà da febbraio 2007 a novembre del 2012. Una longevità dovuta anche al prezzo popolare, un euro. Il giornale è molto Napoli oriented ma cammina da solo, non rappresenta il Napoli anche se appare a tutti gli effetti come una rivista di ‘settore’. Il direttore è Antonio Calise mentre tra gli editorialisti spiccano Italo Cucci, Antonio Ghirelli, Gennaro Rambone, Peppe Iannicelli e Pasquale Tina. Nella rivista c’è tutta la prima epopea del Napoli di De Laurentiis con Cavani, Lavezzi, Maggio, Hamsik, Quagliarella ma anche tanti comprimari di lusso come Aronica, Pazienza, Campagnaro e decine di altri.
E’ dal 2012, dunque, che Napoli non ha un giornale che parli della squadra in tutte le sue sfumature. Le sfumature di azzurro, ahimè, si sono sbiadite e sono impallidite inesorabilmente. Vinte dai social e bocciate dal disamore dei lettori/tifosi per la carta stampata. Ma, vi assicuro, sento ancora il profumo di quelle riviste.
Testo di Davide Morgera. Professore e scrittore, cultore della storia del calcio e del Napoli. Ha pubblicato quattro libri:
Cronache dal secolo scorso: atti unici nella storia del Napoli (con Urbone Publishing).
Azzurro Napoli. Iconografia inedita di una passione infinita.
Volevo essere Sergio Clerici. Memorie e storie di calcio.
L’immagine di copertina e la foto del testo sono tratte dall’archivio personale di Davide Morgera e utilizzate su autorizzazione dell’autore.