Il Napoli e il ciclico crollo di una stagione, come nel 1976-77

Il Napoli e il ciclico crollo di una stagione, come nel 1976-77

Maggio 12, 2024 0 Di Davide Morgera

“Finale di partita” è un’opera teatrale in un solo atto scritta da Samuel Beckett. Fu originariamente scritta in francese e il suo titolo originale è “Fin de partie” ma, secondo quella che era la sua abitudine, fu tradotta in inglese da Beckett stesso come “Endgame”. Beckett e il teatro dell’assurdo, il Napoli e la stagione dell’assurdo aspettando anche un Godot (la qualificazione ad una coppa europea) che non arriva mai. E mai arriverà, come il fantomatico personaggio beckettiano.

Anche il Napoli è al termine della sua partita aspettando la fine di un campionato che più amaro non si può. Il countdown definitivo è partito proprio dopo la sconfitta in casa col Bologna nella partita in cui tutti si aspettavano un’impennata di orgoglio o una vittoria scacciacrisi. Insomma, tutti non vedono l’ora che finisca. E la memoria va. La mente corre ad un anno diabolicamente simile a questo finale di torneo, quello della stagione 1976-77. Le stesse sensazioni che il popolo napoletano provò allora stanno attraversando il cuore dei tifosi che hanno assistito agli spettacoli indecenti offerti dagli ex campioni d’Italia. Corsi e ricorsi storici, è il caso di dirlo. 

Ad una stagione partita male, proseguita in salita, con alti e bassi, destinata quasi da subito a finire nel dimenticatoio, il tifoso si abitua. E soffre. Quando, invece, l’annata sembra che debba avere prima o poi un’impennata o che cambi rotta nel corso del campionato è più difficile fare delle valutazioni. Si rimane spiazzati, senza parole. C’è sempre la speranzella che qualcosa accada, che la nave venga assistita dal vento favorevole, che la squadra trovi la quadratura del cerchio. E’ quello che è successo nel crollo di quest’anno dove anche i giornalisti hanno messo il dito nella piaga chiedendo a Calzona, fino alla settimana scorsa, di un’improbabile qualificazione europea. Un crollo verticale che ha un suo sinistro precedente proprio nel 76-77. 

Lasciando stare le pesanti e pedisseque analisi fatte e rifatte in altre sedi, sbandierate a destra e a manca come un mantra orientale, che hanno tirato in ballo tutti gli errori di De Laurentiis, i divorzi da Spalletti e Giuntoli, la cessione di Kim, l’inadeguatezza dei giocatori acquistati, i cambi di allenatore, purtroppo gli scheletri stanno venendo fuori da un armadio pieno di tarli (“amo i napoletani ma certe cose non le dimentico” dice Spalletti lanciando frecciate sibilline al presidente). Questo è il puzzle che ha creato gran parte di quello che sopra abbiamo chiamato ‘crollo’. Una caduta verticale nata, pensate un po’, dopo la vittoria di uno scudetto, dopo una felicità immensa.

Noi oggi vi parleremo di un altro ‘crollo’, questa volta dopo un’amara delusione, quella della famosa partita con l’Anderlecht che impedì al Napoli l’accesso alla finale di Coppa delle Coppe. Cosa accadde dopo quella sfortunata gara in terra belga lo dicono impietosamente le statistiche. Nelle ultime cinque gare di campionato il Napoli perse quattro volte e pareggiò in una sola occasione.

Ricordiamo che il campionato era a 16 squadre e quindi le partite a fine stagione erano complessivamente 30. Esaminiamo qui proprio gli ultimi incontri di quel torneo che hanno diverse analogie con le ultime cinque gare di questo. Alla 26esima giornata gli azzurri ospitano la Sampdoria e finisce 1 a 1. Dopo il gol di Savoldi la squadra di Pesaola si attesta per il contropiede e fallisce delle buone occasioni. Dopo aver subito il pareggio di Saltutti, va all’assalto ma riesce solo a colpire una traversa. Qualcuno negli spogliatoi esclude che la stanchezza della gara di Coppa abbia influito sulla squadra ma la verità è diversa. Gli azzurri hanno giocato con la testa altrove, con il pensiero a quello che l’arbitro Matthewson aveva combinato per favorire l’Anderlecht. E’ l’inizio del crollo.

Alla 27esima, nell’anticipo del sabato poiché la Juventus aveva la finale di Coppa UEFA con l’Athletic Bilbao, i partenopei vanno a Torino e perdono 2 a 1 con un gol realizzato da Furino a 4’ dalla fine. L’arbitro è Menegali di Roma e si traveste da…Matthewson. Annulla un gol al Napoli, permette ai bianconeri continue provocazioni ai danni degli azzurri e conferma il gol del successo juventino dopo un’azione viziata da un fallo di Tardelli. I nervi della squadra saltano. La barca sta per affondare.

Alla 28esima, terzultima di campionato, arriva il Bologna al San Paolo, proprio come quest’anno. I felsinei vincono con un gol per tempo e solo Speggiorin all’86’ riduce le distanze. Negli spogliatoi è il caos. Pesaola accusa la squadra (cosa che vorrebbe fare anche Calzona?) e minaccia di rinunciare al contratto già firmato per l’anno successivo. Prova deludente, la squadra non sta in piedi, sbaglia ogni sorta di impostazione a centrocampo, sbanda paurosamente in difesa e fallisce con faciloneria in prima linea. Le pagelle abbondano di “4”, i giornalisti diventano spietati e non perdonano più niente a quel Napoli. Sembra il quadro di quest’anno. Intanto il crollo diventa sempre più verticale.

Alla 29esima il Napoli si reca a Perugia e becca quattro reti. La partita finisce 4 a 2 per gli umbri (doppietta di Savoldi) che surclassano gli azzurri in tutte le parti del campo. Indecisi sulle palle, indisciplinati, messi male in campo, poco reattivi. Il quadro è feroce tanto che Giuseppe Pistilli scrive sul Corriere dello Sport “Il Napoli sconta i peccati commessi da circa un mese a questa parte. E’ dall’indomani della partita di Bruxelles che non sa più trovare la strada maestra del gioco. Una squadra senza capo ne coda sotto tutti i punti di vista. Il Napoli sembra proprio una squadra alla deriva”. Analisi impietosa ma ineccepibile. Il crollo diventa difficile da evitare ed arginare tanto che Il Mattino titola “Per fortuna domenica il campionato finisce”. Oggi molti farebbero un titolo simile, ne siamo certi.

Fine maggio del 1977, caldo afoso, al San Paolo i tifosi indossano i famosi cappellini con la visiera bianca che si vendevano nei dintorni dello stadio. E’ la 30esima ed ultima di un campionato che tutti non vedono l’ora finisca dopo una discesa senza freni negli inferi. A Napoli arriva la Fiorentina, proiettata al terzo posto dietro le due corazzate torinesi che stanno dominando il campionato. Gara di fine stagione certo ma nessuna delle due vuole perdere per opposti motivi. Agli azzurri non va giù di chiudere in malo modo davanti ai propri tifosi e la Viola mira a superare l’Inter e a conquistare un posto in Coppa U.E.F.A.. 

In un clima un po’ surreale, al ’37 del primo tempo Catellani devia nella propria rete un bel tiro di Caso ma gli azzurri riescono a pareggiare al ’24 del secondo tempo con Savoldi, un gol da posizione impossibile, dopo un insistente forcing. Coronarie in tilt per un pareggio più che meritato ma non basta. Gli azzurri attaccano con le forze allo stremo, a tratti per inerzia, vogliono vincerla questa maledetta ed ultima gara. 

Il triste epilogo a tre minuti dalla fine. L’arbitro Falasca non concede un rigore al Napoli per un nettissimo atterramento di Massa e sul capovolgimento di fronte, quando tutti sono increduli per quanto accaduto, Caso va via a tutti e segna nella porta di Carmignani. Apriti cielo. Juliano non ci vede più dalla rabbia, prende il pallone e lo getta addosso all’arbitro. Espulso. Nel parapiglia, mentre il capitano sta uscendo dal rettangolo verde, arriva un tifoso in campo dopo aver percorso a perdifiato mezzo stadio. Fortunatamente Massa e Carmando lo fermano e lo consegnano alla polizia. Sugli spalti cori e lanci di oggetti accompagnano le gesta di questo novello Don Chisciotte. “Nun cià facimme cchiù!” sembrò il motto di quel caldo pomeriggio, incarnato nella corsa sfrenata del tifoso deluso. 

All’invasore solitario offrirono persino una sedia affinché si riposasse. Poi, dopo le formalità di rito per verificarne le generalità, lo lasciarono andare senza prendere alcun provvedimento. Infatti, secondo la legge, l’uomo non aveva commesso infrazioni o reati perseguibili penalmente. Così dichiarò la forza pubblica presente quel giorno al San Paolo dove stava volgendo al termine un Napoli Fiorentina pieno di veleni, rabbia e frustrazione. 

Il baffuto vendicatore fu allontanato con la forza dall’arbitro Falasca, ma quando qualche cronista provò ad avvicinarsi era ancora ansante e respirava forte per il lungo tragitto che aveva dovuto compiere per mettere in atto il suo ‘diabolico’ piano, quello di andare a farsi giustizia da solo per la mancata concessione di un rigore al Napoli. Due punti che non avrebbero cambiato il destino della squadra partenopea, di quell’infausto anno, poiché era già stato compromesso abbondantemente da una serie di risultati negativi. Sarebbe stata una vittoria di Pirro ma il popolo napoletano era stanco. Il signor Salvatore Ricciardi (questo il nome dell’invasore), all’epoca 47 anni, nessun precedente penale, dichiarò di essere un autotrasportatore di merci e che da sempre tifava Napoli. 

Il racconto del definitivo crollo del Napoli, in casa contro la Fiorentina, con tanto di invasione di campo, sulle pagine del Guerin Sportivo (Archivio Morgera)

Era ancora scosso “Totore”, chiamiamolo così, quando spiegò nei dettagli come era riuscito ad entrare in campo facendo un balzo felino dal settore delle tribune laterali dopo aver appoggiato un piede sulla cancellata a protezione del fossato. Non sembrò per nulla pentito, anzi disse che era dispiaciuto perché era riuscito a dare solo un calcio all’arbitro e che lo avrebbe rifatto ancora. Non si rese conto, nel momento in cui gli montò la rabbia, che sarebbe diventato eroe per un giorno. Infatti, il lunedì successivo alla partita tutti i quotidiani napoletani riportarono in prima pagina la sua foto dove cerca di sferrare un pugno all’arbitro. 

Oggi non c’è più nessun ‘romantico’ invasore solitario a sbollire la propria rabbia ma intere curve che gridano in coro agli ex campioni d’italia “Via da Napoli, via da Napoli”. Tanto, non se la possono prendere nemmeno con gli arbitri.

 

Testo di Davide Morgera. Professore e scrittore, cultore della storia del calcio e del Napoli. Ha pubblicato quattro libri:

Cronache dal secolo scorso: atti unici nella storia del Napoli (con Urbone Publishing).

Napoli, sfumature d’azzurro: beffe e belle partite, vittorie e sconfitte. Tutte le sfide nazionali ed europee dal 1909 ad oggi.

Azzurro Napoli. Iconografia inedita di una passione infinita.

Volevo essere Sergio Clerici. Memorie e storie di calcio.

L’immagine di copertina e la foto del testo sono tratte dall’archivio personale di Davide Morgera e utilizzate su autorizzazione dell’autore.