C-Factor: il Real di Ancelotti “è” la Champions

C-Factor: il Real di Ancelotti “è” la Champions

Giugno 2, 2024 0 Di Luca Sisto

Non esiste connubio maggiormente fondante di quello del Real Madrid con la Champions League. Questione di storia, di tradizione. E non poteva che arrivare con Carlo Ancelotti, l’uomo che “preferisce la Coppa”, la “Decimoquinta”. Lui che era stato l’artefice della Decima, probabilmente la più sofferta, la più agognata. Quella che da oltre dieci anni continuava a sfuggire di mano.

Poi venne la tripletta di Zidane. Finita l’era del francese, il ritorno di Ancelotti, con la numero 14 due stagioni fa, e la numero 15, ieri.

Ci sono alcuni club che nella carriera in Champions di Ancelotti ricorrono più volte, in un refrain che indica senza dubbio come questa sia la coppa di tradizione per eccellenza. Come i Mondiali per nazionali. Perché, soprattutto dopo il 1992, di sorprese se ne sono viste davvero pochissime.

Il Real Madrid ha vinto la Champions minando le certezze di Klopp

E, una volta vendicata, ai rigori, l’umiliante sconfitta in semifinale della scorsa stagione contro il City di Guardiola, la strada verso la finale del Real Madrid sembrava abbastanza alla portata.

Certo, le due tedesche, Bayern e Borussia Dortmund, hanno dato filo da torcere. Soprattutto la prima, che al Bernabeu si è trovata anche in vantaggio con il subentrato canadese Alphonso Davies (seguito proprio dalla Casablanca), prima che il Fattore-C entrasse di nuovo in gioco.

Davide Ancelotti, il figlio, che convince papà a mettere in campo Joselu, il bomber di scorta di una squadra senza bomber, orfana di Benzema partito per l’Arabia Saudita. E Joselu, cresciuto nella cantera per essere prestato in giro per la Liga, con una doppietta ha spinto i suoi in finale.

E deve essere stato un altro fattore C, quello che ha consentito al Borussia Dortmund di eliminare il PSG in semifinale, privando il mondo di una finalissima fra Mbappé e la sua futura squadra. Lo stesso Dortmund che aveva tirato fuori l’Atletico Madrid, unica squadra ad aver battuto gli odiati cugini in tutta la stagione. Una in campionato, una in Copa del Rey.

E mentre in finale il ritorno in porta di Courtois alzava un muro invalicabile per i gialloneri, ci ha pensato un colpo di testa (non al primo tentativo, per la verità, schema provato e riprovato) del figliol prodigo Carvajal, su cross dalla bandierina della leggenda Toni Kroos, alla sua ultima partita per (il) club, a portare in vantaggio i merengues. Per inciso, sesta Champions per loro due, come per Modric e Nacho, che raggiungono la leggenda Gento.

L’anno dell’unicorno

Col 2-0 di Vinicius su assist dell’ex Bellingham, Carlo Ancelotti ha potuto lasciar andare l’esultanza: quinta coppa dalle grandi orecchie come allenatore, due al Milan e tre al Real. Settima in totale, comprese le altre due da calciatore sotto l’egida di Arrigo Sacchi, suo maestro insieme a Liedholm.

Mi ha fatto sorridere come Ancelotti abbia raccontato se stesso in una recente intervista: “non sono ossessionato dal calcio. Sono calmo durante le partite, è prima della gara che sono nervoso. Ma quando comincia la gara, calma e lucidità, passa tutto”.

Ed è questa la sensazione che ha offerto il suo Real Madrid nelle due finali giocate negli ultimi tre anni. Ne hanno fatto le spese prima il Liverpool, poi il Borussia Dortmund. Quando sembra che gli avversari siano in procinto di avere la meglio, il Real Madrid resiste, soffre, si salva anche con l’aiuto della fortuna. Poi colpisce e vince.

E dire che il binomio Ancelotti – Coppa Campioni era cominciato tutt’altro che bene.

Gli infortuni l’avevano costretto a saltare quella maledetta finale dell’Olimpico del 1984, vinta ai rigori dal Liverpool contro la Roma di Liedholm ai rigori.

Ancelotti si era preso la rivincita da leader del centrocampo milanista, quando il presidente romanista Viola, dopo otto stagioni, era convinto che Carletto avesse ormai già dato il meglio della carriera, lasciandolo andare alla corte di Sacchi.

Proprio contro il Real Madrid in Coppa Campioni Ancelotti segnerà il gol più bello della carriera, lanciando il Milan verso un clamoroso 5-0, sulla strada per la finale poi stravinta contro la Steaua Bucarest.

Eccole le tre squadre che tornano sempre in questa coppa e nella carriera di Ancelotti: Milan, Liverpool e Real Madrid.

E se la sua prima Champions da allenatore era arrivata una notte di Manchester contro la Juventus, i cui tifosi gli avevano dato del perdente (e anche del maiale), per quei due secondi posti di fila in Serie A alla guida della Vecchia Signora, alle spalle delle due romane, la delusione più grande resterà sempre Istanbul. Ancora il Liverpool, ancora ai rigori. Stavolta però dopo aver chiuso il primo tempo sul 3-0.

Come direbbero i milanisti, per ogni Istanbul c’è però una Atene, ed ecco che riparte la riscossa, ancora contro il Liverpool, col fattore C stavolta in coabitazione con Pippo Inzaghi. E che C.

C come Carletto. C come Champions. E C come culo, che evidentemente gioca una componente importante nello sport. Quando ti volta le spalle, hai voglia a dimenarti e maledire gli dei del calcio.

La prossima stagione Ancelotti ritroverà la sua difesa titolare (Militão e Alaba quest’anno non li ha mai avuti), il suo portiere titolare a tempo pieno (ma l’ucraino Lunin resta l’eroe dei rigori di Manchester), avrà Mbappé e Endrick.

Tutti vorrebbero avere i suoi problemi. E l’impressione è che servirebbero due palloni per far giocare tutti.

Modric ha prolungato. Kroos si ritirerà dopo gli Europei casalinghi con la Germania. Non avrebbe potuto desiderare un finale di carriera migliore.

Chi invece non vuole ancora saperne di andare in pensione è proprio Ancelotti che, con Guardiola, per motivi diametralmente opposti, è ormai considerato il piu grande allenatore vivente.

E Don Fiorentino, non vuole privarsene, non ancora. Perché è grazie a lui se un giorno potrà dire di essere il presidente più vincente della storia del Real Madrid. Più dell’uomo che ha dato il nome allo stadio che proprio Perez ha ristrutturato e reso un luogo avveniristico.

E tutto grazie al fattore C.

Carlo fantastico, Carlo magnifico.

 

Luca Sisto è cofondatore e direttore editoriale di Football&Life. Appassionato di sport, in particolare di calcio e basket, tifoso del Napoli e della nazionale dei Leoni Indomabili del Camerun, lavora nel turismo.

Immagine di copertina tratta da Wikimedia Commons.