Il Diario di Euro 2024, vol.1: le favorite non falliscono l’esordio
Giugno 16, 2024 0 Di RedazioneUdite udite: è cominciata la rassegna continentale per Nazionali. Euro 2024, tra favorite, conferme e delusioni, vittorie e sconfitte, è pronta a tenerci compagnia per un mese.
E chi siamo noi, per sottrarci dall’affascinante e antica bellezza del nostro consueto diario?
A cura della redazione di F&L, e chi se no: il Diario di Euro 2024.
14.06 – Germania – Scozia 5-1 (Allianz Arena – Monaco di Baviera) – GRP A
Tu chiamale se vuoi, Euroemozioni – di Alfonso Esposito
So’ tedeschi. E si vede. Pronti, via e Scozia annientata. I panzer silenziano le cornamuse senza nemmeno dar loro il tempo per un “la” d’orgoglio, se non a giochi ormai chiusissimi. Di Musiala gli esperti già sapevano, ma la verve di Wirtz ha rapito l’occhio. Match ininfluente per valutazioni tecniche attendibili, ma ci vuol poco ad inserire la Nationalmannschaft tra le favorite, non solo perché padrona di casa.
Magari il baluardo difensivo Rüdiger-Tah è atteso ad un banco di prova più sostanzioso per testarne la tenuta in velocità. Kroos? Solito maestro di calcio, da solo vale mezza squadra. Per non mortificare Gündogan in mediana, Nagelsmann avanza Havertz sotto porta, ma mi sa che, così, il suo talento risulti in parte depotenziato, anche se con Füllkrug centravanti – che i gol li segna, eh – i bianchi sarebbero forse sbilanciati in avanti.
Il 15 giugno tocca a noi. Che non siamo tedeschi, ma quanto a ‘tigna’ abbiamo sempre dato loro lezioni che ricordano ancora, fin troppo bene. Luciano, ringhia per tutti noi.
15.06 – Italia – Albania (Westfalenstadion / Signal Iduna Park – Dortmund) – GRP B
Tu chiamale se vuoi, Euroemozioni, pt. 2 – di Alfonso Esposito
Vince, ma non convince, l’Inter-Nazionale spallettista. Perché, nel male e nel bene, è il miniblocco nerazzurro a condizionare l’esito del match. Prima Dimarco, complice la scarsa reattività di Bastoni, apparecchia la frittata per il vantaggio istantaneo di Bajrami, poi lo stesso Bastoni e Barella raddrizzano una rotta pericolosamente pendente verso il naufragio in mare aperto.
Il ritrovato tattico di Luciano – difesa a 3 quando si imposta, con Calafiori (più di Di Lorenzo) mediano aggiunto, e a 4 quando si ripiega – è apparso un po’ macchinoso e potrebbe rivelarsi rischioso assai contro ripartenze molto più rapide e insidiose di quelle che potevano ingegnare gli albanesi. Che, invece, si sono allegramente arroccati nella propria metà campo manco si giocasse a Fort Apache e non ci fosse un domani. Il risultato non lascia del tutto tranquilli per il prosieguo, perché contro le aquile rosse l’abbiamo spuntata col minimo scarto e rischiando pure il pari, allo scadere, su puntata velenosa di Manaj, peraltro ex interista, ulteriore conferma dell’influsso indiretto della Beneamata sulle sorti del confronto.
Vero è che il palo di Frattesi e i quasi gol di Scamacca e Chiesa ci potevano regalare un successo più confortevole, ma proprio perché così non è stato – nonostante la Spagna ci avesse tirato la volata, polverizzando una Croazia apparentemente declinante – occorre chiedersi se vale la pena puntare ancora sull’alchimia tattica di ieri sera, con Di Lorenzo mortificato a fare il braccetto destro e a coprire le spalle a Chiesa. Con Dimarco che, dopo aver attaccato, deve recuperare a rotta di collo la posizione per non sguarnirci a sinistra.
Con Frattesi che è al massimo mezzala e da trequartista si spaesa da solo. E con Scamacca che, privo di una sottopunta in appoggio, è utile come un palo della luce nel deserto a mezzogiorno. Con Jorginho che più in là di un’impostazione sul corto non va. Consoliamoci con le note liete di Calafiori autorevole e bravo in appoggio come pochi, di Pellegrini duttile e mobile, soprattutto di Barella, autentico uomo in più che vale per due per quanto sa fare in entrambe le fasi, e di Chiesa che, se in condizione fisica, può risultare devastante come la cavalleria del miglior Murat.
Questo è se ci pare. Ed anche se non ci piace del tutto, facciamone tesoro. Perché Spagna e Croazia hanno il brutto vizio di giocarsela e allora potrebbe non bastare l’italico stellone. Serve quella ‘tigna’ citata nel paragrafo precedente e che, nel dopopartita, Spallettone stesso ha invocato. Ed anche se non sono profeta, sicuramente non è un caso.
Quattro pensierini su Italia-Albania – di Paolo Palazzo
1. Quelli della mia generazione dopo 28 secondi avranno sicuramente pensato a un certo Lacombe, piccolotto (per dirla alla Pizzul) centravanti della Francia al Mundial ’78.
Questo perché siamo sull’anziano medio e la memoria a lungo termine comincia a prevalere su quella a breve termine.
Perché in realtà nella finale degli Europei di 3 anni fa l’inglese Shaw, che per Mou era un incapace e infatti lo teneva in panca nel Tottenham, fece una cosa simile. Ah, comunque è finita 2-1 per noi. Come con la Francia nel Mundial ’78.
2. L’età che avanza si avverte anche nel duplice colpo di sonno (molto più grave il secondo, di oltre un quarto d’ora a metà secondo tempo). Mai successo con la Nazionale. Molto frequente con la Roma negli ultimi anni. Ma la colpa è soprattutto del maledetto Pep #ecchepallegiocanotuttiuguale.
3. Prova complessivamente modesta, da 7- nel primo tempo per la bella reazione all’errore di Dimarco, da 5+ nella ripresa.
In difesa il migliore Calafiori, quello che per Mou non era capace, infatti lo fece mandare in Svizzera pur di non averlo più neanche nelle rotazioni, bene anche Bastoni, soprattutto per il gol, fortunato Donnarumma, che per me non ha grandi meriti nella respinta di schiena su Manai nel recupero. Insufficiente Dimarco.
A metà campo il solito Barella a salvarci, il solito Pellegrini dalla personalità di una libreria Billy di IKEA nelle partite che contano, il solito Jorginho giocatore di calcetto e un Frattesi un po’ pasticcione.
Davanti Chiesa ben centrato sul pezzo nel primo tempo, poi calato molto e uno Scamacca quasi mai in partita.
4. Confermo il mio pronostico.
Passiamo il turno (non so se primi o secondi) ma difficilmente andremo oltre. Non ci vedo oltre i quarti.
Intanto festeggiamo la prima vittoria ai regolamentari in fase finale di manifestazione importante dai tempi della splendida vittoria col Belgio nei quarti 2021. Tanto quest’anno si gioca comunque per il secondo posto. Vero Inghilterra?
Dagli altri campi – di Luca Sisto: Spagna – Croazia 3-0 (GRP B); Svizzera – Ungheria 3-1 (GRP A)
Morata, Fabian Ruiz e Carvajal, che riprende esattamente da dove aveva interrotto nell’ultima finale di Champions League. Il laterale madridista è il migliore in campo, con Lamine Yamal – non a caso martellano la stessa fascia – di una Spagna straripante davanti e un po’ sonnecchiante dietro, a cui i croati – semifinalisti in Qatar – nonostante il solito quanto attempato centrocampo delle meraviglie Modric – Brozo – Kovacic, non riescono ad opporre adeguata resistenza.
Morata è il capitano da sempre criticato. Una sorta di Immobile iberico, capace di realizzare caterve di gol senza mai convincere del tutto stampa e tifosi. Uscito per una botta alla caviglia e in polemica per le strategie di mercato dell’Atletico Madrid, che punta il bomber ucraino del Girona Artem Dovbyk, capocannoniere dell’ultima Liga, il buon Alvaro sta già esplorando altri lidi, puntando su Euro 2024 non solo per una medaglia con la Spagna, ma anche per portarsi dietro il suo contrattone.
La Svizzera ha liquidato l’Ungheria del CT italiano Marco Rossi con un secco 3-1. Magiari apparsi decisamente non irresistibili, mentre il bolognese Aebischer con gol e assist ha letteralmente fatto a fettine la resistenza avversaria sull’half space sinistro della trequarti svizzera.
Fun fact: mentre Marco Rossi soccombeva agli Europei sotto i precisi colpi di Duah, Aebischer e Breel Embolo – una nazionale, quella elvetica, quanto mai multietnica, che ha ironicamente approfittato dell’erroraccio sul terzo gol di Willy Orban dell’RB Lipsia, omonimo del presidente ungherese, di estrema destra, in prima linea nella lotta contro i migranti e i diritti umanitari – ero al Vitiello di Scafati a “festeggiare” il nuovo presidente della Scafatese Felice Romano, il quale ha promesso di ripartire dalla serie D (trasferendo il titolo dal San Marzano, a proposito di pomodori di un certo livello).
A che serve questo apparentemente inutile aneddoto? A ricordare che l’ultimo allenatore della Scafatese fra i professionisti, stagione 2009-10 in Lega Pro Seconda Divisione, fu proprio Marco Rossi, che ottenne un’insperata salvezza sul campo prima del fallimento sportivo. La stagione successiva passò alla Cavese, venendo esonerato dall’ennesimo club in dissesto finanziario (i campani chiusero all’ultimo posto della Lega Pro Prima Divisione e andarono in fallimento). Dopo questa delusione, Rossi meditò di lasciare il calcio per lavorare nello studio di commercialista del fratello.
Nel 2012, la chiamata dello storico Honved di Budapest lo portò in Ungheria, e fece da trampolino di lancio per approdare alla nazionale ungherese sei anni fa, con gli eccellenti risultati che conosciamo: due qualificazioni di fila agli Europei e un girone di Nations League conteso fino all’ultimo minuto a Italia, Inghilterra e Germania.
Testi di:
Alfonso Esposito: Avvocato, docente di Diritto Penale alla scuola di specializzazione dell’Università Federico II di Napoli, ha appena pubblicato con la Urbone “LEGGENDAJAX: storia e storie di una svolta epocale”.
Di attaccanti che hanno fatto la storia azzurra ha scritto in “Napoli: segnare il tempo”.
A questo link trovate il suo libro “Il Mito che Insegna”, sul Napoli di Vinicio, edito sempre da Urbone Publishing, per la quale ha pubblicato anche “Alla Riscoperta dell’Est”.
Paolo Palazzo: autore del podcast “Anni Mondiali” insieme alla moglie Dina Curione.
Luca Sisto: cofondatore e direttore editoriale di Football&Life. Appassionato di sport, in particolare di calcio e basket, tifoso del Napoli e della nazionale dei Leoni Indomabili del Camerun, lavora nel turismo.
Immagine di copertina tratta da Wikimedia Commons.