La poesia nel racconto del “gol del secolo” di Maradona

La poesia nel racconto del “gol del secolo” di Maradona

Giugno 17, 2024 0 Di Simone Quaranta

Ricorre il 22 giugno uno degli anniversari più famosi della storia del calcio. Trentotto anni fa, infatti, durante i Mondiali di Calcio del 1986, allo stadio Azteca di Città del Messico, la semifinale tra Argentina-Inghilterra entrò nella leggenda come una delle partite più belle del ventesimo secolo. Se il titolo di partita del secolo è appanaggio di Italia-Germania 4-3, Argentina-Inghilterra può comunque vantarsi di essere stata la gara in cui fu segnato il gol del secolo. Una rete già di per sé memorabile ma resa ancor più indelebile nella mente delle persone grazie alla voce del più grande relator della storia del calcio: Victor Hugo Morales.

Per chi non conoscesse il racconto che Victor Hugo fece della rete seconda rete di Maradona nell’incontro, vi lascio alla lettura di alcune ragioni per le quali tale cronaca può tranquillamente essere considerata una vera e propria opera letteraria.

Il contesto: da La Mano de Dios al gol del secolo con le Malvinas sullo sfondo

Una partita che trascende sia la rivalità sportiva sia il puro agonismo e che si può considerare iniziata già quattro anni prima durante la Guerra delle Falkland (o Malvinas), combattuta proprio tra i due Paesi che si sfidarono quel 22 giugno e nella quale morirono più di novecento persone. Il riferimento alle “Malvinas” non poteva non comparire quel giorno. Già nel tunnel che precede l’ingresso in campo, Maradona, simbolo e capitano dell’Albiceleste, caricò i compagni con un discorso commovente, esortandoli a combattere “con il coltello tra i denti” per prendersi la rivincita nei confronti degli inglesi che invasero le isole e massacrarono i loro connazionali.

Era quindi naturale che, in quello stadio gremito nell’afoso pomeriggio estivo messicano, ci fossero già tutti i presupposti per assistere ad una partita dalla rilevanza enorme. Solo dopo i novanta minuti, però, ci si poté accorgere di quell’alone magico che avvolgeva la sagoma di chi, quel giorno, si trasformò in aquilone cosmico.

La Mano de Dios di Maradona e il mito fondativo della nuova Argentina

La rete del raddoppio argentino, considerata appunto il gol del secolo, fu segnata pochi minuti dopo un altro gol passato alla storia del calcio come il più discusso: “la mano de Dios”. Su quella realizzazione sono stati scritti e possono essere ancora scritti numerosi articoli o libri. Per non essere superficiali ci concentriamo quindi sul secondo gol di Diego.

Il cronometro segna il minuto numero cinquantacinque. Maradona si trova nella metà campo argentina, a circa sessanta metri dalla porta avversaria. Riceve un passaggio dal compagno Héctor Enrique, il quale non sa ancora di aver appena avviato l’azione più importante della sua carriera.

L’Ode al calcio di Victor Hugo Morales nel gol del secolo di Maradona

Mentre Maradona controlla il pallone eseguendo una giocata con la suola, eludendo l’intervento di due avversari, Víctor Hugo Morales, ignaro di ciò che sta per accadere, vista anche la notevole distanza dalla porta difesa dagli inglesi, si prepara a manifestare la sua Ode al calcio:

“La va a tocar para Diego, ahí la tiene Maradona, lo marcan dos, pisa la pelota Maradona, arranca por la derecha el genio del fútbol mundial, y deja el tendal y va a tocar para Burruchaga… ¡Siempre Maradona! ¡Genio! ¡Genio! ¡Genio! Ta-ta-ta-ta-ta-ta-ta… Gooooool… Gooooool… ¡Quiero llorar! ¡Dios Santo, viva el fútbol! ¡Golaaazooo! ¡Diegoooool! ¡Maradona! Es para llorar, perdónenme… Maradona, en una corrida memorable, en la jugada de todos los tiempos… Barrilete cósmico… ¿De qué planeta viniste para dejar en el camino a tanto inglés, para que el país sea un puño apretado gritando por Argentina? Argentina 2-Inglaterra 0. Diegol, Diegol, Diego Armando Maradona… Gracias, Dios, por el fútbol, por Maradona, por estas lágrimas, por este Argentina 2 Inglaterra 0.”

Ogni spettatore, che sia allo stadio o da qualche parte in giro per il mondo, sa che quello appena segnato da Maradona sia uno dei gol più belli di sempre. Un’azione travolgente ed elegante come un passo di tango, durata undici secondi, nella quale il pallone viene toccato dal suo piede sinistro, la zurda, dodici volte. Dal momento del passaggio di Enrique per Maradona, al termine del racconto del gol in cui Morales indica il nuovo risultato parziale, passano esattamente settantadue secondi.

Sono settantadue secondi di estasi, incredulità, gioia, nei quali il relator sale su un ottovolante e porta con sé tutti coloro che lo stanno ascoltando, compiendo un viaggio mistico. Dai campi disastrati di Villa Fiorito, passando per l’Europa per poi tornare in Argentina. Dal mare, teatro della guerra, fino ad arrivare al cielo sotto forma di quel barrilete, l’aquilone, cosmico. Il viaggio si conclude sul prato dello stadio Atzeca. Maradona abbracciato dai compagni nel mentre che Victor Hugo, sfinito da tanta eccitazione e con poca aria nei polmoni come se avesse corso al fianco di Diego, torna a parlare con tono di voce normale, quasi come a volersi ricomporre dopo quei secondi di trance nei quali aveva completamente perso il controllo sulla sua persona, ma aveva involontariamente creato un capolavoro artistico, frutto del suo istinto e della sua fantasia da relator.

L’ode al calcio di Victor Hugo come opera letteraria

Quante volte abbiamo etichettato un gol particolarmente bello come pura poesia. La verità però è un’altra. Sì, perché questo termine è stato ormai utilizzato fin troppo, anche come espressione di stupore. Cosa differenzia allora l’arte di un gol da una poesia? Semplicemente le parole. La poesia necessita delle parole. Da questo assunto nasce quindi l’idea di considerare l’Ode al calcio di Victor Hugo come una vera e propria opera letteraria.

Il titolo potrebbe essere “Ecco, ce l’ha Maradona”, come avviene in moltissimi componimenti poetici, nei quali il titolo è il primo verso del poema. Risulta però quasi doveroso, sia per la storia che ne è scaturita sia per lo splendore poetico dell’immagine che evoca, intitolare quest’opera “Aquilone cosmico”. L’opera, composta in totale da diciotto versi, può essere identificata come una poesia “moderna”, in quanto non presenta una metrica regolare e risulta priva di rime. Non poteva però non essere così data la totale spontaneità del componimento.

Esaminando il poema è possibile trovare numerose figure retoriche. Le stesse presenti in tutte le poesie scritte nel corso della storia. Oltre alla metafora dell’aquilone cosmico, che allo stesso tempo è però anche un ossimoro, sono presenti anche una figura onomatopeica (‘ta-ta-ta-ta-ta-ta’), un’iperbole (‘la jugada de todos los tiempos / la giocata migliore di tutti i tempi’), un’anafora (in lingua originale due versi iniziano con ‘para/para’), un poliptoto (es para llorar / ‘voglio piangere’ ‘c’è da piangere’).
Inoltre, tutta la telecronaca del gol del secolo può essere considerata un’ipotiposi. Il termine deriva dal greco hypotýpōsis, “abbozzo” o “esposizione sommaria”, che consiste nella rappresentazione di un avvenimento con una tale vivacità e ricchezza di particolari da offrirne quasi una rappresentazione visiva, che è ciò che caratterizza e distingue l’abilità del relator.

Il frutto di una profonda ammirazione

È fondamentale, per questa proposta di presentazione dell’Ode al calcio come un’opera letteraria, considerare l’importanza della stima, della riconoscenza di Morales nei confronti di Maradona, l’eroe argentino che si è sempre schierato dalla parte dei più deboli, l’uomo fuori dal campo che ha combattuto contro i suoi demoni.

Si può dire che Morales abbia sempre venerato Diego, a cui è collegato da una specie di filo immaginario sin dall’inizio della sua carriera. La partita giocata alla Bombonera il 22 febbraio 1981, tra Boca Juniors e Talleres de Córdoba, coincise con la prima partita in Argentina da radiocronista per Morales e con l’esordio in maglia Xeneize di Maradona. Nelle varie interviste rilasciate negli anni riguardo al celebre relato, Morales ha continuato a a rimarcare indirettamente la magia che lo lega a Maradona, attribuendo a lui il successo che la sua cronaca ha riscosso.

“La mia intenzione era andare oltre le immagini, come sempre. Quella giocata di Maradona me lo ha concesso. Se lo avesse fatto un altro non avrei potuto dire quelle cose. Fu un’opera d’arte di Diego.”

Il rapporto così forte tra l’autore del gol e l’autore del componimento ci permette di considerarli un’entità unica. Per tale motivo, se il gol di Maradona è arte, allora anche l’Ode di Victor Hugo lo è.

La rete – e il relato – più belli e immortali della storia del calcio.

 

Testo riadattato dalla tesi di laurea di Simone Quaranta: “Il calcio nella letteratura argentina – L’ode al calcio di Victor Hugo Morales”.

Post produzione di Alessandro Sanna.

Alessandro Sanna è un insegnante, tifoso del Cagliari e del Newell’s Old Boys, esperto di calcio sudamericano.

Ha scritto due libri: “Fantasie calcistiche rioplatensi: Storie di fútbol tra fantasia e realtà e ¡Que viva el fútbol!: Storie, aneddoti e cronache delle più accese rivalità sudamericane”.

Fondatore della pagina, del Podcast e del canale twitch “Que Viva el Fútbol”. 

Collabora con Carlo Pizzigoni a “La Fiera del Calcio”.

Immagine di copertina tratta da Wikipedia – originale de “Revista El Gráfico” – pubblico dominio.