Euro 2024, Italia: una disfatta annunciata

Euro 2024, Italia: una disfatta annunciata

Luglio 2, 2024 0 Di Luigi Ottobre

Quando a Napoleone Bonaparte fu chiesto come progettasse le sue vittorie, rispose “on s’engage et puis…on voit”, traducibile in “ci scontriamo e poi si vede”.

Il significato che si nasconde dietro la sua citazione è che ogni piano è flessibile e chi più velocemente riesce ad adattarsi ai cambiamenti che si verificano sul campo di battaglia, risulta essere il vincitore.

Assistendo alle partite della Nazionale in questo europeo tedesco, si è avuta la sensazione che nella confusa variazione di moduli e giocatori Luciano Spalletti non avesse ben in mente i piani di come affrontare gli avversari. Ha sì imitato il pensiero del generale francese, fermandosi però solo al “buttiamoci”, senza saper poi gestire “poi si vede”, i cambiamenti in corso d’opera.

Chiedere la testa del c.t. e del presidente federale Gravina credendo che in questo modo si possano risolvere i problemi è un esercizio inutile, che asseconda l’impulsività. In primo luogo perché in Italia le dimissioni sono più rare del passaggio della Cometa di Halley. Se poi, nell’era che va dal post Mondiale 2006 a oggi, sono stati più dolori che gioie (tolte le due finali europee, una persa e l’altra vinta), allora è una questione di sistema, non di uomini.

Già, l’Europeo del 2021. Quello che secondo i più dotti è stato vinto con colpo di fortuna. Che poi, questo livore nei confronti della dea bendata, quando chiunque la vorrebbe dalla propria parte, fa pensare che alcuni si augurano il peggio solo per poter dar valore alle proprie tesi. Perché la coppa alzata a Wembley è stata più che meritata.

È stato il coronamento di un lavoro che ha visto la Nazionale di Roberto Mancini restare imbattuta per oltre 2 anni, esprimere un calcio diverso, rigenerare l’entusiasmo di un intero Paese. E oggi, alla luce di quanto accaduto successivamente, quel successo avvalora di più quanto fatto dal Mancio.

Quand’eravamo campioni

Ovviamente, nessuno pretende di spiegare il perché delle débâcle degli ultimi anni, né si sta ponendo come il possessore della soluzione. È un tentativo di offrire un punto di osservazione.

Basti pensare che sulla scarsa vena realizzativa, sulla poca qualità del fronte d’attacco, delle prime 11 classificate in serie A – che includono quindi le nostre big – nessuna ha il classico numero 9 o una coppia d’attacco tutta italiana. Scamacca e Retegui sono un’eccezione, allo stesso tempo poco prolifica e matura. Non esiste più il blocco -Juventus, o Milan, quei 4-5 giocatori titolari sia nei club che in maglia azzurra, che costituivano lo zoccolo duro di entrambi gli schieramenti garantendo qualità, affidabilità e risultati.

A oggi c’è un blocchetto Inter, con Bastoni e Barella titolari e Darmian e Frattesi seconde linee; e poi un blocchettino Napoli, con il solo Di Lorenzo in campo, Meret e Raspadori poco considerati e Politano nemmeno convocato. Gli ex e attuali campioni d’Italia sono serbatoi poco attingibili.

Non ha nemmeno più senso parlare di giovani, o di ringiovanimento, come affermato da Spalletti. Il concetto di giovane è fine a se stesso; il binomio giovane=forte non è una certezza assoluta. Occorre puntare sul talento – oggi raro – a prescindere dall’età. Quando il materiale (umano) scarseggia, va coltivato; se non c’è, va creato.

Al talento poi va data fiducia. Servirebbe quel coraggio da “uomini forti, destini forti” che spinga a considerare già pronti, se supportati dalla qualità, quei calciatori tra i 17 e i 22 anni che oggi vengono mandati in giro tra Serie B e Serie C, mentre in altri campionati hanno presenza ed esperienza.

Fino a quando in Italia si rimarrà legati alla cultura dell’interesse personale, alla logica del risultato immediato, della gestione fondata sull’oggi e non sul domani per ottenere risultati economici nel tentativo di aggiustare bilanci disastrati, con un’assenza – di conseguenza – di una prospettiva fatta di investimenti che richiedono tempo e pazienza, difficilmente si assisterà a cambiamenti radicali. “Un politico guarda alle prossime elezioni; uno statista guarda alla prossima generazione”, direbbe James Freeman Clarke.

Un aforisma che può essere prestato al calcio e che rispecchia pienamente la stragrande maggioranza dei presidenti di club. Arrivederci alla prossima disfatta.

 

Luigi Ottobre è laureato in Scienze del Turismo. Giornalista pubblicista dal 2019, ha scritto per il portale “Il Mio Napoli” ed è stato responsabile della sezione sport di GiornaleNews di Maddaloni, per il quale ha seguito il Napoli anche dal Maradona. Appassionato di tennis, pallavolo e Moto GP, fa parte della famiglia d F&L dal 2024.

Immagine di copertina ricreata da un’originale dell’account Instagram Euro 2024.