
Il Diario di Euro 2024, le migliori 8
Luglio 3, 2024Gli Ottavi di finale di Euro 2024 hanno decretato l’eliminazione senza appello degli Azzurri. Passano invece tutte le favorite: Inghilterra, Francia, Portogallo, Spagna, Germania. Non senza affanno.
Qui la puntata precedente del Diario di Euro 2024.
Svizzera, montagna insormontabile per un’Italia mai davvero squadra
Un colpo di Remo in pieno viso e si va a casa. Tanto è bastato per ridestare brutalmente tutti dal sogno illusorio (ed incosciente) che, alla fine, bastasse il proverbiale stellone italico per sfangarla ancora. Remo, al secolo Freuler, ha dimostrato che aveva ragione lui quando, nella vigilia, aveva rammentato che da anni non caviamo un ragno dal buco e collezioniamo figuracce. Indelicato quanto si vuole, ma almeno sincero.
Non come gli azzurri e Spalletti stesso, che per inno nazionale ci hanno propinato dall’inizio (ma alcuni tra di noi non l’avevano mica bevuta…) quell’ipocrita “facciamo finta che tutto va bene” col quale Ombretta Colli accompagnava le disavventure del povero Fracchia, impiegato vessato ed umiliato.
Perfino lui, ieri, avrebbe figurato meglio rispetto a Fagioli, che in campo pirleggiava (nel senso di una malriuscita imitazione di Pirlo, eh), intanto la coppia Di Lorenzo-Darmian annaspava come di consueto sulle fasce di pertinenza, mentre Barella e Cristante hanno sbattuto rovinosamente il grugno contro Granit (nome omen) Xhaka, troneggiante manco fosse Xavi.
Quella che fa male, e tanto, è l’assoluta comodità con la quale gli elvetici ci hanno infilato, Freuler dopo un’amena passeggiata dal cerchio di centrocampo, Vargas addirittura prendendo indisturbato la mira. A nulla era servito che, in precedenza, Donnarumma ci avesse evitato un Embolo collettivo. Eravamo irrimediabilmente lenti, molli e sfilacciati, alibi miseri e posticci l’autopalo di Schär e l’altro legno del fantasmatico Scamacca. Sprofondo azzurro, cielo rosso sopra Berlino, orfani d’Italia, io non mi sento italiano, Caporetto calcistica, mai vista una disfatta del genere poter avere tanti titoli.
La Germania supera l’ostacolo danese
Il contrario della Germania, immancabilmente “Sturm un Drang”, manco i fulmini di Dortmund e uno Schmeichel degno figlio di cotanto padre hanno potuto arrestare la sua marcia. I danesi hanno venduto cara la pelle e solo la dabbenaggine di Andersen – con un rigore evitabilissimo, realizzato da Havertz, che segna solo dal dischetto – ha spianato ai teutonici la strada verso i quarti, con autografo aggiuntivo del solito Musiala. Quando li vedi ti sembra di riascoltare “La forza del destino”. Che, forse, Giuseppe Verdi ha composto pensando a loro. Non certo a noi.
Inghilterra salva grazie a una rovesciata di Bellingham
“God save the Kane!”. Non ce ne voglia re Carlo, ma stavolta è questo l’inno liberatorio che i suoi sudditi e tifosi intonano a squarciagola dopo la faticaccia con la Slovacchia. Troppo monotono, orizzontale e prevedibile il fraseggio dei bianchi di Southgate, l’undici di Calzona aveva tutto il tempo di adottare le giuste contromisure e di colpire di rimessa, come quando, su imbucata di Strelec, Schranz – un cognome che sa tanto di folle scienziato tedesco – ha trafitto Pickford e costretto gli inglesi ad una rincorsa tanto incessante quanto sterile.
Prima l’offside e poi il palo cancellavano il merito del pari per Foden e Rice, ci voleva la sensazionale rovesciata sul fil di lana del fino ad allora anonimo Bellingham per scongiurare l’onta di una capitolazione disonorevole e prolungare la speranza fino all’extratime, quando la capocciata di Kane salvava la capra della nazionale e i cavoli del suo c.t.
La Spagna dilaga con la Georgia nella seconda frazione
Contro la Spagna la Georgia ci ha provato e ci era pure riuscita, mettendo inizialmente a profitto una fuga-lampo di Kvaratskhelia, culminata nel precipitoso harakiri di Le Normand.
A questo punto la ‘invencible armada’ spagnola prima ha agguantato il pari con un sinistro dal limite di Rodri – buono per il var, ma mi resta il dubbio che, col suo movimento a defilarsi, Morata abbia ugualmente disturbato Mamardashvili – poi ha scatenato la sua formidabile batteria di scapigliati guastatori d’assalto – Cucurella, Yamal e Nico Williams – demolendo i caucasici con un colpo di testa ravvicinato di Fabian Ruiz su assist al bacio di Yamal, un assolo irrefrenabile dello stesso Nico e un tocco da biliardo di Olmo, che sarebbe un rincalzo (!).
Intanto, farà pure un gran movimento per creare spazi, ma di segnare per Morata nemmeno a parlarne. Peccato per la Georgia, stavolta si è inceppata l’intesa tra Mikautadze (un po’ egoista) e Kvara che, visto l’andazzo, ha provato a mettersi in proprio con un tiro addirittura dalla metà campo, che per poco non ha sorpreso Unai Simon fuori dai pali. Dunque, come gli azzurri, slovacchi e georgiani fanno ritorno in patria. Ma, almeno loro, con onore.
Francia batte Belgio col solito autogol
Non “lucevan le stelle” sulle distese verdi di Düsseldorf e Francoforte. Con buona pace di Puccini e della sua Tosca, la ribalta se la son presa i portieri. Cominciando da Francia-Belgio, dove gli svolazzi di Mbappé non hanno aiutato più di tanto la nazionale di Deschamps, e dire che con lui, Griezmann, Thuram, Tchouameni, Rabiot e Kanté a mancare in campo non era certo la classe. Eppure, è stato Maignan a doverci mettere piedi e mani per salvare la baracca, due volte su De Bruyne ed una su Lukakone, un tempo ‘big Rom’.
Ci voleva un tentativo quasi allo scadere del subentrato Kolo Muani perché Vertonghen sporcasse la conclusione di quel tanto che è bastato per buggerare Casteels. Il Belgio se l’è giocata, con Faes a registrare le retrovie e Doku a dare ritmo, ma non può essere sempre il solo De Bruyne a cavare per i suoi le castagne dal fuoco.
Cristiano Ronaldo: lacrime di disperazione e sospiri di sollievo
Tra Portogallo e Slovenia il prezzo dell’attesa è stato pure più alto, anche stavolta grazie ai guardiani dei pali. Al netto di un legno sverniciato nella prima frazione di gara da Palhinha, ci si è messo un Oblak monumentale, che ha ingaggiato un suo personale faccia a faccia con CR7, altro fuoriclasse che, in attesa di lasciare il segno agli Europei, urla, smoccola e sbuffa come una vecchia locomotiva che non prende velocità. Il portierone sloveno gli ha detto di no tre volte, una nel primo tempo supplementare, quando è volato ad intercettargli perfino un rigore, provocandogli una crisi di pianto.
Ma, andata in scena la lotteria dei tiri dal dischetto, le luci dei riflettori si sono accese tutte su Diogo Costa che, dopo aver ipnotizzato un lanciatissimo Sesko un attimo prima che finisse l’extratime, ne ha parati tre di fila, spalancando ai compagni le porte dei quarti. Mi ha ricordato, purtroppo, Sergio Goycoechea, il portiere argentino eroe per caso, subentrato nel corso dei mondiali ’90 a Pumpido e, poi, capace di sbarrare il passo, durante i rigori per accedere alla finale, all’Italia di Vicini e Schillaci.
Erano i tempi delle “notti magiche” o, almeno, tali fin quando non andammo a sbattere contro di lui. In ogni caso, Francia e Portogallo stentano a fare gol e, se proseguono, è perché invece dei piedi fatati dei celebrati campioni ci hanno pensato le mani provvidenziali di qualcun altro.
Olanda in ciabatte
No problem. Se questi non sono gli Europei dei bomber di mestiere, la risolvono i goleador d’occasione. Come Cody Gakpo, che ha trascinato l’Olanda contro la Romania con un gol, un assist inventato di sana pianta e tanta corsa.
Abituato all’agguerrita concorrenza interna nel Liverpool di Klopp, in nazionale spadroneggia e supplisce alla scarsa vena realizzativa di Depay, che Koeman preferisce impiegare come falso nueve pur di non utilizzarlo al posto di qualcuno dei vari trequartisti che affollano la sua rosa.
Troppo fatuo il fuoco iniziale dei romeni, dopo il loro tentativo con Man e la sassata prepotente di Gakpo in replica, si sono sciolti come neve al sole sfolgorante degli arancioni – ieri, però, in blu – che hanno vinto e convinto.
Nessuno, nemmeno il sottoscritto, inguaribile nostalgico dell’ammaliante rivoluzione che fu il ‘calcio totale’, azzarda paragoni con quella magnifica ‘associazione per vincere e divertire’ passata alla storia come “arancia meccanica”: però, la difesa è solida, con van Dijk che la sua la dice ancora e con Aké che sa sempre cosa fare della palla, mentre Dumfries sulla destra scorribanda come ai bei tempi e il centrocampo, con un Veerman in meno ed uno Xavi Simons in più, sembra aver trovato l’equilibrio ideale tra geometria e fantasia, mentre in attacco Gakpo furoreggia e Malen, finalmente, oltre a dribblare ne segna perfino due – il primo dopo che Gakpo stesso aveva fatto resuscitare un pallone che sembrava morire sul fondo, il secondo con una volata solitaria dalla propria metà campo – dando ragione al suo c.t. che, ad inizio ripresa, lo ha preferito a Bergwijn. Se son tulipani veri, fioriranno.
Colpo Turchia
All’insegna de “il miglior attacco è la difesa” il match tra Turchia ed Austria, Rangnick, al solito avrà calcolato e previsto tutto, tranne che Demiral, con una metamorfosi del tutto inaspettata come quella narrata da Franz Kafka, si sarebbe tramutato da marcatore di punte avversarie in marcatore di reti, prima di piede e poi di testa, entrambe le volte su corner di Arda Güler, scolaretto talentuoso ed indisciplinato, al pari di Yildiz, che ha fregato l’austero professore tedesco.
Gregoritsch ci ha pure provato a rimettere in carreggiata i danubiani, dimezzando il distacco, ma nemmeno Rangnick, oltre alla serataccia di alcuni dei suoi (Posch ed Arnautovic su tutti), poteva immaginare che gli ottomani in porta avessero il cugino di Spiderman, Günok, che con un colpo di reni spettacolare ha praticamente ricacciato dal sacco un’incornata rabbiosa di Baumgartner allo scadere.
E così, quatto quatto, tra le critiche di chi lo rimprovera di difensivismo recidivo e perfino zavorrato ieri dalla rinuncia forzata per squalifica al suo faro Calhanoglou, Vincenzo Montella, unico tra i c.t. italiani prestati all’estero – ed eliminati in rapida successione – monta sull’aeroplanino e vola radioso ai quarti. Alla faccia di chi, prematuramente, già gli aveva cantato il ‘requiem’ alla carriera.
Testo di Alfonso Esposito: Avvocato, docente di Diritto Penale alla scuola di specializzazione dell’Università Federico II di Napoli, ha appena pubblicato con la Urbone “LEGGENDAJAX: storia e storie di una svolta epocale”.
Di attaccanti che hanno fatto la storia azzurra ha scritto in “Napoli: segnare il tempo”.
A questo link trovate il suo libro “Il Mito che Insegna”, sul Napoli di Vinicio, edito sempre da Urbone Publishing, per la quale ha pubblicato anche “Alla Riscoperta dell’Est”.
Immagine di copertina tratta da Wikimedia Commons: Diogo Costa, eroe portoghese grazie ai tre rigori parati in questi ottavi di finale contro la Slovenia.