Il Diario di Euro 2024, vol.9: quarti di finale

Il Diario di Euro 2024, vol.9: quarti di finale

Luglio 7, 2024 0 Di Alfonso Esposito

Dai prepartita alle gare, continuiamo il nostro diario di viaggio di Euro 2024 con un vero e proprio romanzo dei quarti di finale.

Qui per la puntata precedente.

I padroni di casa alla prova del 9

Il destino cinico e baro si è divertito ad anticipare ai quarti due possibili finali, in quello che, a suo tempo, ho definito il versante ‘diabolico’ del tabellone, il sinistro.

C’è da scommetterci, a Stoccarda ed Amburgo farà molto caldo. Nei pressi della Foresta Nera, all’insegna di un crudele ed inappellabile ‘dentro o fuori’, si affrontano Spagna e Germania, per i bookmakers tra le più accreditate per il successo finale.

L’armata spagnola ha dalla sua il collettivo senza dubbio più convincente tra quelli finora scesi in campo, la coppia difensiva Le Normand-Laporte, al netto di autoreti sempre in agguato, sembra una garanzia di affidabilità. A centrocampo, poi, il metronomo Rodri si integra alla perfezione con le geometrie raffinate di Fabian Ruiz e le incursioni insidiose della stellina Pedri (magari un po’ più sicuro di sé…), mentre Morata – asfittico quanto a gol, ma capace di creare varchi grandi quanto voragini – col suo movimento invita a nozze Yamal e Nico Williams, letali come la più travolgente delle cariche di cavalleria, specie se raddoppiati sulle fasce da Carvajal e Cucurella.

Peggio non poteva andare ai padroni di casa, che, in un confronto incrociato tra reparti, risulterebbero sfavoriti, perché la retroguardia, fatta eccezione per Kimmich, appare piuttosto macchinosa e la regia di Kroos, non sempre coadiuvato al meglio da Andrich, potrebbe non bastare lì dove occorrono non solo corsa, ma pure maggiori idee e creatività.

Nagelsmann, oltre al tifo casalingo, deve affidarsi alla perdurante reattività di Neuer tra i pali, alla pericolosità di Gündogan dalla trequarti in su, magari alla vena ritrovata di Wirtz o Sané e, soprattutto, all’inventiva di Musiala, sperando che Havertz, da punta centrale, funzioni meglio di quanto visto finora.

Chissà che il c.t. teutonico non ricorra subito al panzerone Füllkrug per scardinare le certezze iberiche e non doversi accontentare di restare a casa, sì, ma seduto sul divano del salotto.

Francia – Portogallo: altra possibile finale anticipata

Sulle languide rive dell’Elba, invece, potrebbe riecheggiare, come degna colonna sonora, la ‘Incompiuta’ di Schubert, perché Francia e Portogallo danno sempre la sensazione di essere ad un passo dalla perfezione, che sfugge tuttavia, chi non vuol essere lieto sia.

‘Les bleus’, nostalgici della grandezza che fu, dovrebbero dimostrarsi più concreti sotto rete. E dire che dispongono di bocche di fuoco di prim’ordine come Thuram e Griezmann, oltre a Mbappé, fenomenale quanto si vuole, ma ad oggi ancora in parte inespresso per le potenzialità con le quali l’ha benedetto il dio del pallone.

Anche da Tchouameni e Kanté ci si attende più del compulsivo (e narcisistico) ‘toc-to-toc’, specie perché mancherà per squalifica Rabiot e questo potrebbe creare a Deschamps non pochi squilibri in mediana con la scelta del sostituto.

I lusitani, dal canto loro, dovrebbero ‘brasileggiare’ di meno e tirare di più, magari lo stesso Cristiano Ronaldo, dimentico degli imperversanti furori giovanili, potrebbe imitare il Totti più maturo e stazionare stabilmente negli ultimi 20-25 metri, la sua voglia di spaccare il mondo è ancora ammirevole, ma non va più a braccetto con la carta d’identità.

Quanto al resto, e sperando per il c.t. Martinez che, come contro la Slovenia, Diogo Costa si confermi stratosferico, Pepe non inciampi ancora – Mbappé non è certo Sesko… – e, sull’asse mediano, Palhinha e Vitinha macinino i soliti chilometri, seguito a nutrire una mia personale riserva sull’impiego congiunto di Bernardo Silva e Bruno Fernandes, da me mai amati alla follia. Uno è di troppo, specie se poi le loro prestazioni in chiaroscuro rubano spazio a gente come João Felix (che, fisico permettendo, farei giocare sempre come sottopunta alle spalle di Cristiano), Diogo Jota e Gonçalo Ramos (quest’ultimo, però, chiuso soprattutto da CR7).

Lo stesso Leão dovrebbe darsi una svegliata, meno balletti o retropassaggi (quando, poi, in appoggio, ha le spalle coperte dal poderoso Nuno Mendes…) e più puntate a rete. È in gioco la semifinale. E indietro non si torna. In tutti i sensi.

Il tabellone delle outsider e dell’Inghilterra

Così è scritto. Se dal fronte mancino del tabellone dei quarti uscirà la squadra da battere, quello opposto, invece, partorirà l’outsider del torneo. Inclusa la stessa Inghilterra, visto che, per come hanno ‘non giocato’ fino ad oggi i bianchi di oltremanica, sarebbe davvero una sorpresa se proseguissero il loro cammino.

Se la vedranno con la Svizzera a Düsseldorf, dove è nato il filosofo Jürgen Habermas, teorico dell’agire comunicativo, chissà che questo non ispiri in meglio i ‘maestri’ inglesi – che da decenni, ormai, con la nazionale non insegnano più nulla – e rivitalizzi la loro manovra monotona e prevedibile. Southgate deve inventarsi qualcosa di concreto per la zona nevralgica del campo, dopo aver tentato invano di dare a Rice un degno complemento, ma tra Alexander-Arnold, Gallagher e Mainoo nessuno ha davvero convinto, né si può sperare che Gerrard o Lampard si reincarnino in uno di loro.

Così come non gli basterà tracannare Red Bull per sperare che metta le ali alla sua creatura inconcludente ed involuta, critica e tifo vorrebbero che, per gli esterni offensivi, puntasse tutte le sue fiches sul duo Palmer-Foden, vedremo se avrà il coraggio di giubilare Saka.

Nel caso in cui Kane e Bellingham non guidassero l’assalto al fortino svizzero con il carisma e l’audacia di un redivivo Oliver Cromwell, sarà bollino rosso(crociato) per i sudditi di S.M. Carlo. Anche perché gli elvetici sono forti di un asse portante di sicuro affidamento, la spina dorsale Sommer-Akanji-Xhaka, non fosse completata dall’etereo Embolo (che non è proprio uno sfondareti), rasenterebbe la perfezione.

Certo, i guizzi di Ndoye e Vargas (ne sappiamo ben qualcosa noi italiani…) possono provocare crepe pericolose nelle retrovie inglesi, specie se gli svizzeri, pacifici e neutrali per tradizione secolare ed in barba a chi rimpiange ancora il loro ‘verrou’ (o catenaccio) dei tempi che furono, optassero per un bellicoso assedio dalle parti di Stones (tutt’altro che un fulmine di guerra) e Konsa, probabile sostituto dello squalificato Guehi. A Berlino, invece, l’Olanda dovrà testare contro il collettivo turco le sue rinnovate ambizioni.

Gli oranje di Koeman sembrano aver trovato l’assetto giusto, specie in mediana, dove Schouten e Reijnders non saranno Neeskens e Rijkaard, ma fanno legna quel tanto che basta perché Xavi Simons possa accendere il fuoco del suo estro. Malen, dopo la doppietta che ha contribuito ad incenerire la Romania, dovrebbe partire titolare e beneficiare con Gakpo – finora, il vero trascinatore degli arancioni – degli spazi creati dal movimento continuo di Depay, altro finto goleador che, però, almeno lavora per il gruppo.

Come insegnava Rinus Michels. Basterà questo barlume di ‘totaalvoetbal’ a sbaragliare i pirati ottomani di capitan Montella che, quando sguinzagliano Çalhanoğlou, Yildiz e, soprattutto, Güler, possono far male sul serio? Senza contare che Yilmaz, che segna col misurino ma svaria tanto, è cliente rognoso che de Vrij e van Dijk dovranno sottoporre al regime di sorveglianza speciale. Il cuore dice Olanda, ma per la ragione è un match da “attenti a quelle due”.

La Spagna manda fuori la Germania, si ritira la leggenda Toni Kroos

Il calcio sa essere crudele. Ne sanno bene qualcosa i protagonisti dei primi due scontri all’ultimo sangue che, ironia della sorte, gli almanacchi, ingannevolmente, registreranno come due semplici quarti. Con Spagna e Germania il nonsense la fa da padrone, l’arbitro Taylor, designato dall’italiano Rosetti (ahi!), dirige all’inglese, almeno all’inizio, e per due volte grazia Kroos, che azzoppa Pedri e lo mette fuori causa.

Nemmeno un giallo e Toni ridacchia sornione. Manco immagina, però, di spalancare le porte della gloria all’hombre del partido, infatti Dani Olmo – rincalzo per modo di dire – prima sigla il vantaggio iberico, sfruttando una corsia di sorpasso inventata da Yamal, poi pitta il traversone sul quale Merino, altro subentrato, si avvita per il 2-1 finale poco prima che spiri il secondo supplementare.

E dire che il confronto scacchistico tra le due panchine sembrava sorridere a Nagelsmann, che aveva imbroccato la tattica di partenza con un pressing alto e serrato, vanificato solo perché in attacco Havertz, con due ‘telefonate’ ad Unai Simon, ha dimostrato di essere tutto, tranne che un centravanti.

Poi il c.t. tedesco pareva aver gestito meglio i cambi, avendo aumentato con Wirtz e Füllkrug il peso specifico del proprio reparto avanzato, diversamente dal collega de la Fuente, che non aveva trovato di meglio che smontare in blocco il suo terzetto offensivo.

I fatti sembravano dare ragione a Julian, Wirtz a segno con l’assistenza dell’inesauribile Kimmich, Füllkrug – per me tra i migliori attaccanti veri visti finora – ad un passo dal gol se non ci si fossero messi prima un palo e poi Unai Simon, senza dimenticare un braccio largo di Cucurella dato per regolare dall’arbitro (aridagli!).

Ma l’apparenza, come insegnava Fedro, inganna, quando tutto faceva supporre che a prevalere fosse la proverbiale tenacia germanica, gli spagnoli, col volo rapace di Merino, si son dimostrati più tedeschi dei tedeschi. Si chiude con l’ammainabandiera tedesco, Deutschland non più über alles, oltre al danno la beffa di diventare spettatori a casa loro.

La Francia di rigore, piange il Portogallo di Pepe e CR7

“E le stelle stanno a guardare” avrebbe titolato Cronin per Francia-Portogallo. Il pluripallone d’oro CR7 e quello in pectore (quando, non si sa) Mbappé neppure stavolta lasciano il segno, il primo ci prova perfino di tacco, ma Maignan gli dice di no dopo aver sbarrato la porta anche a Bruno Fernandes e Vitinha, poi spara altissimo da buona posizione.

Il secondo, invece, non va al di là di conclusioni scolastiche e, poi, abbandona per noie persistenti al naso già malconcio. Senz’altro più pericolosi Kolo Muani, Camavinga e Dembelé, ma di segnare non se ne parla. “Allons enfant de la patrie”, Deschamps la spunta ai rigori, stavolta Diogo Costa non fa miracoli, la differenza sta nella mira perfetta di João Felix, abilissimo nel centrare il palo pieno. Passano i transalpini, ma solo perché i lusitani sono stati più bravi a sbagliare. Scherzi (perfidi) del calcio.

Inghilterra e Olanda rispettano il pronostico, ma quanta fatica

I tre leoni ruggiscono (miagolano…?) e i tulipani splendono sotto la luna. Inghilterra-Svizzera è la dimostrazione della differenza tra tattica e tatticismo, in pratica il primo tempo non si è giocato e, nonostante l’ora pomeridiana, gli spettatori han dovuto faticare non poco per non cedere alle dolci lusinghe di Morfeo. Inglesi in controllo sterile ed elvetici arroccati dietro, il loro ‘verrou’ torna di moda.

‘Andamento lento’, come cantava Tullio De Piscopo, fattosi partita di calcio. Il ritmo si accelera, ma di poco, nel volgere di cinque giri di lancette, prima Embolo, finalmente, da un senso al suo ruolo (nominale) di centravanti portando in vantaggio l’undici di Yakin, poi il fendente di Saka ristabilisce la parità, fino ai misteri – dolorosi per gli svizzeri, gaudiosi per gli albionici – dei rigori, dove ogni logica si sovverte e capita che uno tra i migliori, come Akanji, fallisca ed uno come Alexander-Arnold – relegato a furor di popolo tra le riserve dopo essere partito titolare nella fase a gironi – diventi decisivo. Quella di Southgate seguita ad essere un’accozzaglia di individualità, tenuta in piedi da acuti estemporanei – a turno quelli di Kane, Bellingham e lo stesso Saka, ieri debordante contro il malcapitato Aebischer – ma idee e gioco latitano.

Ok, sono inglesi, per natura compassati, ma la monotonia di una manovra ‘fumo di Londra’ è davvero pesante da mandare giù. Più spettacolo tra Olanda e Turchia, quest’ ultima passa in vantaggio col solito ricamino delizioso di Arda Güler per il capoccione di Akaydin.

Nella ripresa, Koeman rompe gli indugi e sostituisce Bergwijn – perché preferirlo ancora a Malen e Frimpong, non è dato saperlo o capirlo – con l’ariete Weghorst, Depay può quindi svariare senza essere accusato di assenteismo al centro dell’attacco e proprio Memphis fa onore al suo nome – che rievoca la patria del blues – e, manco fosse il mitico B. B. King, azzecca l’accordo che dà la scossa, una parabola morbida per la zuccata perentoria di de Vrij, prima che Dumfries, con un rasoterra sul quale il centrale turco Ayhan frena inspiegabilmente la sua corsa, inneschi lo spauracchio Gakpo, che terrorizza a tal punto Müldur da indurlo all’autolesionismo.

E meno male che Verbruggen ci ha messo le unghie – su punizione di Güler che ha scalfito il palo – e poi il puro istinto – su tentativo disperato di Kilicsoy in pieno recupero – altrimenti non ci sarebbe stato scampo contro la minaccia di un altro supplementare. In pratica l’ha risolta un derby tutto interista, con Dumfries e de Vrij che hanno tolto la polpetta dal piatto a Çalhanoğlou e compagni. Onore a Montella, ma Olanda in semifinale. Per chi, come me, è cresciuto a ‘pane e tulipani’, questi Europei non sono più tanto amari come il fiele.

 

Testo di Alfonso Esposito: Avvocato, docente di Diritto Penale alla scuola di specializzazione dell’Università Federico II di Napoli, ha appena pubblicato con la Urbone “LEGGENDAJAX: storia e storie di una svolta epocale”.

Di attaccanti che hanno fatto la storia azzurra ha scritto in “Napoli: segnare il tempo”.

A questo link trovate il suo libro “Il Mito che Insegna”, sul Napoli di Vinicio, edito sempre da Urbone Publishing, per la quale ha pubblicato anche “Alla Riscoperta dell’Est”.

Immagine di copertina tratta da Wikimedia Commons.