Antonio Conte, fenomenologia di un allenatore
Agosto 1, 2024Facciamo un passo indietro, ma solo per un attimo. Giusto il tempo di riprendere il concetto di Hybris, con il quale s’è cercato di dare una spiegazione del perché Aurelio De Laurentis sia riuscito a distruggere una macchina perfetta come il Napoli dello scudetto. Il successo che si trasforma in superbia, che a sua volta porta a quel senso di onnipotenza capace di far compiere scelte che poi si rivelano sbagliate.
Ma non tutto è perduto, prima che si arrivi a imboccare l’inarrestabile punto di non ritorno, “avere accanto una persona che ci riporta alla nostra umanità” può rivelarsi salvifico. Gli antichi romani – sempre un passo avanti, altrimenti non arrivi a dominare mezzo mondo – per evitare che un generale vittorioso in battaglia entrasse in città e si lasciasse trasportare dalla mania di grandezza dopo essere stato accolto come un eroe, mandavano uno schiavo con il compito di pronunciargli più volte la frase “Respice post te. Hominem te memento” (‘guarda dietro di te, ricordati che sei un uomo’).
Chiunque o qualunque cosa può aver fatto rinsavire ADL: la moglie Jacqueline, da lui stesso definita tifosissima degli azzurri; il suo braccio destro Chiavelli; qualcosa di astratto, come la pessima figura sportiva seguita all’anno del tricolore; o, infine, qualcosa di tangibile, come i mancati introiti economici derivanti dalla partecipazione alla Champions League. La sua soluzione al disastro targato Garcia-Mazzarri-Calzone si chiama Antonio Conte.
Voluto, atteso, osannato: l’ex ct della Nazionale ha avuto un’accoglienza plebiscitaria mai riservata a nessun altro allenatore azzurro. Pure Spalletti, santificato sulla strada dello scudetto, ha diviso l’opinione di tifosi e addetti ai lavori, con addirittura l’invito a lasciare Napoli dopo il primo anno. Soltanto il compimento del miracolo 2023 l’ha reso un intoccabile. E che dire di Ancelotti, passato per il bollito e pensionato, mentre Sarri ha dovuto disegnare poesia prima di essere accettato dalla piazza già pronta al suo esonero dopo 5 partite.
Basta già solo questo a spiegare il “fenomeno” Conte. Può dire e fare tutto, e tutto è accettato.
Può permettersi di non partecipare al coro “chi non salta è juventino” ed essere esaltato come esempio di professionalità. Se un altro allenatore si fosse sottratto sarebbe stato linciato. Con la sua venuta e il suo gesto ha abbattuto per sempre il concetto dell’antijuventinità.
C’è chi ha voluto scorgere in tutto questo una crescita della mentalità del tifoso, quando invece l’atteggiamento degli amanti dell’azzurro altro non è che una manifesta volontà di tornare a vincere. Perché una volta assaggiato il sapore del successo tutto il resto perde di interesse. Il pensiero decoubertiniano “l’importante è partecipare”, che un tempo era sufficiente a spiegare una vita sportiva scarna di trionfi, nessuno lo vuole più sentire.
Antonio Conte è sinonimo di vittoria, nonostante nulla ancora sia cominciato e niente provi la certezza dell’affermazione. Se n’è voluto convincere lo stesso De Laurentiis, accettando di fare un passo indietro, nascondersi nell’ombra del silenzio e esaudendo il più possibile i desideri – economici e di mercato – del suo tecnico. Pur di ritornare all’apice. Per chi altro sarebbe accaduto tutto questo?
Mentre il club cerca di strutturarsi come una società di alto livello – dirigenti, staff tecnico, stadio ristrutturato entro il 2026, nuovo centro sportivo e chissà, settore giovanile – e i tifosi provano a “crescere di mentalità”, la stampa calcistica locale resta relegata nei bassifondi. Testate che in nome del dio clickbait realizzano brutte figure e sono costrette ad articoli di rettifica; giornalisti (della nuova radio ufficiale) che battibeccano con autori di pagine Facebook; pagine Facebook che, pur con del seguito, pensano di essere portatrici di interesse, “diciamo stakeholder” (sembra che oggi si dica così); siti e sitarelli che fanno a gara a denigrarsi a vicenda.
E mentre i soliti personaggi che passano di tv in tv e di radio in radio trascorrono il tempo a parlare di questioni che con il calcio di inizio del campionato avranno un importanza pari a zero, sovviene un dubbio: ma siamo sicuri che Conte non stia preparando il 3-5-2 a porte chiuse?
Luigi Ottobre è laureato in Turismo per i Beni Culturali. Giornalista pubblicista dal 2019, ha scritto per il portale ‘Il Mio Napoli’ e scrive attualmente per GiornaleNews di Maddaloni, per il quale segue il Napoli anche dal Maradona. Appassionato di tennis, pallavolo e Moto GP, fa parte della famiglia di F&L dal 2024.
Immagine di copertina tratta da Wikimedia Commons.