Iker Muniain: il San Lorenzo e la connessione basca
Settembre 8, 2024Era l’estate del 2005 quando un dodicenne dai capelli riccioluti, con l’arroganza di chi sa che la sua vita sarà differente da quella dei suoi coetanei, decise di lasciare Txantrea per trasferirsi a 160 km di distanza alla residenza Mañarikua.
Txantrea è un quartiere di Pamplona, che negli anni ‘80 era diventato famoso per la canzone “Barrio Conflictivo” dei Barricada. Per il giovane Iker, invece, era il suo grande campo di calcio. La Residenza Mañarikua invece, da metà degli anni ’90, è la casa dei giovani calciatori dell’Athletic che venivano dalla Navarra o da altre province dell’Euskadi.
Quello era il tragitto di due ore che Fernando e Nuria, ogni domenica, percorrevano per assistere alla partita del figlio per poi mangiare insieme a lui, lasciarlo nella sua stanza e ripartire verso casa, non senza però un pizzico di tristezza.
Iker Muniain: un talento precoce
Una vera e propria storia d’amore iniziata prima con un soprannome, “Bart”, per la sua somiglianza al personaggio dei Simpson, con quei capelli sempre all’insù e con quel carattere ribelle e simpatico. E poi una notte d’Agosto in Svizzera contro lo Young Boys, dove Caparrós, con il risultato sull’0-1, decise di farlo entrare alla ricerca del gol per la qualificazione alla fase a gruppi dell’Europa League.
Era il 2009 e per Muniain quella era la sua seconda presenza. Una settimana prima aveva esordito nel match d’andata al San Mamés, che avevano vinto gli svizzeri in trasferta con gol di Doumbia.
Sugli sviluppi di un calcio d’angolo al minuto 71, la palla arrivò proprio sui piedi di Bart, che da dentro l’area piccola realizzò il gol qualificazione e lo consacrò come il secondo calciatore più giovane della storia del club a segnare, dietro solamente a Domingo Gomez-Accedo che nel 1914, a 16 anni e 4 mesi, debuttò e segnò nell’allora Campionato Regionale Vizcaino.
Il giorno successivo il giornale El Pais scriveva: “Un ragazzino salva l’Athletic…allo Stade de Suisse ieri è nata una stella. Si chiama Iker Muniain”.
Una lunga storia d’amore che volge al termine
Un rapporto che però è stato messo alla prova più volte. Come quando a soli quattordici anni, Muniain rifiutò Barcellona, Real Madrid e Liverpool, i quali erano andati a bussare alla sua porta per strapparlo dall’Athletic Club. O quando, nella stagione 2011-12 con Bielsa, i baschi persero sia la finale di Coppa del Re contro il Barcellona che la finale di Europa League contro l’Atletico Madrid.
Una stagione che però i ragazzi ricordano con affetto. Con “las noches del Cola Cao” che nacquero per far gruppo.
Ogni sera prima dei match di Coppa tutti i compagni di squadra si riunivano nelle stanze per prendersi una tazza di latte e Cola Cao o Nesquik, e una fetta di pane e Nocilla (prodotto simile alla Nutella).
Notti utili, come detto, a un gran cammino europeo che purtroppo si fermò sul più bello contro l’Atletico di Radamel Falcao. Ma che regalarono grandi emozioni come la vittoria ad Old Trafford contro il Manchester United per 3-2, in cui Muniain segnò il momentaneo 3-1, o la vittoria per 3-1 al San Mamés contro lo Sporting Lisbona con un gol all’88esimo di Llorente, che valse la finale.
Una storia d’amore che si è conclusa nella miglior maniera possibile con la vittoria della tanto desiderata Coppa del Re contro il Maiorca ai rigori. Quella coppa che tre anni prima gli era sfuggita, sempre in finale, per colpa dei cugini txuri-urdin e che finalmente Muniain, come capitano della squadra, ha potuto sollevare quarant’anni dopo.
Una volta salutato il popolo dell’Athletic, Muniain aveva rifiutato sia l’Arabia Saudita che gli Stati Uniti per giocare nel River Plate e cercare vincere di la Coppa Libertadores. Non aveva, infatti, mai nascosto la propria fede calcistica verso i Millonarios. Una fede talmente forte che, nel 2018, lo condusse al Santiago Bernabeu ad assistere alla finale di Copa Libertadores tra River Plate e Boca Juniors, in mezzo ai tifosi, con addosso la maglietta del River.
Gesto che suscitò non poche critiche dato che non aveva avvisato il proprio club. Il sogno di Muniain, però, non si è potuto realizzare dato che Demichelis prima e Gallardo poi non hanno avvallato il possibile arrivo di “Bart” ritenendolo non adatto al proprio gioco.
L’addio all’Athletic e una nuova vita al San Lorenzo: due club fortemente identitari
Ora, cento giorni dopo il suo addio ai Leoni Baschi, Muniain ha realizzato comunque il desiderio di giocare in Argentina. Per lui si sono aperte le porte di un’altra società storica del calcio argentino, il Club Athletic San Lorenzo de Almagro. Da un Athletic a un altro nel segno della fortissima identità e del legame con le proprie origini.
Dai Paesi Baschi al quartiere di Boedo, infatti, la sostanza non cambia. Il legame tra il San Lorenzo e il proprio barrio è talmente forte che sono ormai quarant’anni che il popolo azulgrana cerca di farne ritorno. Risale tutto alla fine degli anni ’70 quando la Giunta Militare comandata dal Generale Videla espropriò il terreno sul quale giaceva lo stadio Gasometro, casa del club dal 1916.
Teoricamente, l’impianto sarebbe dovuto essere demolito per costruire una strada. Dopo qualche anno, però, un governo militare alla continua ricerca di fondi per finanziare le proprie attività, vendette il terreno all’azienda francese Carrefour. Di lì a poco fu costruito un supermercato. Per il club iniziò un lungo peregrinare, di stadio in stadio ospite di diverse società fino alla costruzione del Nuevo Gasometro, nel 1993, nell’attuale barrio Flores, distante circa 3 km dall’originale. Vicino geograficamente a Boedo, ma lontano da casa, visto il profondo legame che hanno i club argentini con il loro quartiere, la loro gente.
Per trentasei lunghi anni ogni singolo socio del club ha lottato per riacquisire il terreno, tra battaglie legali e boicottaggi alla stessa azienda francese. Nel 2012 ecco lo spiraglio in fondo al tunnel. Grazie ad una legge federale l’azienda francese è costretta a cedere il terreno per un’equa cifra di denaro. Vengono raccolti oltre centocinquanta milioni di pesos, circa un milione di euro. Passano però poche settimane e l’allora Presidente argentino Macri, ex presidente del Boca Juniors, liberalizza il mercato del cambio valutario. Grazie a questa trovata il valore del peso crolla con conseguente passo indietro da parte dei francesi, titubanti sul reale valore del prezzo concordato precedentemente.
In segno di dissenso, centinaia di persone hanno bloccato gli ingressi di una decina di punti vendita in giro per la città. La questione si chiude nel 2015. Il San Lorenzo torna in possesso dei terreni con la speranza di poter nuovamente costruire il proprio stadio.
Muniain probabilmente avrebbe preferito il River Plate, ma da un rapporto non corrisposto, forse, è nato un legame mistico e che affonda radici profonde nel senso di appartenenza.
La connessione basca
Con il suo arrivo al San Lorenzo, Iker Muniain sarà l’ottavo giocatore spagnolo a vestire la maglia del Ciclón. Nono se consideriamo nel gruppo anche Mariano Pernía, che ottenne però il passaporto spagnolo solo nel 2006, una decina d’anni dopo il suo passaggio in azulgrana.
Fra loro anche il centrocampista Antonio García Ameijenda – quattro titoli vinti con il Ciclón negli anni Sessanta e Settanta – nato in Galizia ma arrivato a Buenos Aires da bambino, e Javier Artero, terzino destro uscito dalla cantera del Real Madrid, che con il San Lorenzo giocò appena una manciata di gare nel 1999 prima di tornarsene in Europa. Artero finì poi agli scozzesi del Dundee FC dove però la sua carriera si interruppe prematuramente quando gli fu diagnostica una sclerosi multipla, malattia che lo obbligò a ritirarsi.
Tuttavia, fu a cavallo fra gli anni Trenta e Quaranta che il San Lorenzo ebbe una vera e propria colonia spagnola – soprattutto basca- fra le sue fila.
Il primo ad arrivare fu il difensore Ángel Zubieta, seguito dal bomber Isidro Lángara e dal centrocampista offensivo José Iraragorri, che allora erano giocatori di spicco del calcio spagnolo e presenza fisse in nazionale.
In quegli anni, vestirono la maglia del San Lorenzo anche l’attaccante Emilín Alonso, ex Arenas de Getxo e Real Madrid, e il centrocampista cantabrico Fernando García, ex Racing Santander e Barcelona.
La connessione basca con il calcio argentino si deve principalmente all’esodo che vide molti calciatori fuggire dalla Spagna durante la Guerra Civile, conflitto che dilaniò il Paese fra il 1936 e 1939.
In quel periodo, infatti, fu messa in piedi una nazionale tutta basca, chiamata Euskadi, il cui scopo era quello di racimolare fondi per il sostentamento del Governo basco – schieratosi contro le truppe insorte – e allo stesso tempo tenere gli atleti attivi e lontani dal conflitto.
Il tour dell’Euskadi iniziò in Francia e proseguì in Scandinavia e nell’Europa dell’Est. Poi l’Euskadi varcò l’oceano finendo in Messico, dove si sciolse del tutto. Alcuni tornarono in patria, qualcuno venne ingaggiato da squadre locali, mentre altri finirono in Argentina, attratti dal prestigio delle squadre rioplatensi.
Mentre Iraragorri, Emilín e Fernando García giocarono giusto poche gare con il San Lorenzo, Zubieta e Lángara lasciarono un’impronta indelebile nella storia del club. Appena arrivato, infatti, a Lángara bastò appena mezz’ora per conquistare per sempre i cuori dei tifosi del Gasometro.
In quel breve lasso di tempo, infatti, segnò addirittura quattro reti nella vittoria casalinga contro il River Plate. Non un River qualunque, bensì quello de “La Máquina”, la mitica squadra con il quintetto offensivo formato da Juan Carlos Muñoz, José Manuel Moreno, Adolfo Pedernera, Ángel Labruna e Félix Loustau.
Lángara, legato in Spagna ai colori del Real Oviedo, rimase a Boedo fino al 1943, periodo in cui mise a segno oltre 100 reti, ottenendo nel 1940 il titolo di capocannoniere del campionato argentino a pari merito con Delfín Benítez Cáceres, attaccante paraguaiano del Racing Club.
In quegli anni il San Lorenzo si trovò di fronte alla concorrenza del solito Boca e del River più forte della storia, ciò nonostante, nel 1946 il Ciclón riuscì nell’impresa di vincere il campionato, con Zubieta come capitano della squadra. Difensore centrale o centrocampista con compiti difensivi nel 2-3-5 dell’epoca, Zubieta – come Iker Muniain – era stato un talento precoce fra le fila dell’Athletic Club, con cui aveva debuttato a soli 17 anni, vincendo la Liga nella stagione 1935-36.
La Guerra Civile gli troncò la carriera in Spagna, ma non impedì a Zubieta di brillare ad altre latitudini diventando leggenda del San Lorenzo: è infatti il quarto giocatore per numero di presenze nella storia del club. Meglio di lui solo dei “monumenti” del Ciclón come Sergio Villar, Roberto Telch e Leandro Romagnoli.
La connessione basca, in particolare alla storia di Lángara, viene ripresa proprio da Muniain nel video della sua presentazione. Poche parole, ricche di sentimento con la promessa di contribuire alla storia del Ciclón come i baschi prima di lui.
Testo di Philip Supertramp, Alessandro Sanna e Juri Gobbini.
Philip Supertramp – Instagram @ilsignoredellaliga.
Alessandro Sanna è un insegnante, tifoso del Cagliari e del Newell’s Old Boys, esperto di calcio sudamericano.
Ha scritto due libri: “Fantasie calcistiche rioplatensi: Storie di fútbol tra fantasia e realtà e “¡Que viva el fútbol!: Storie, aneddoti e cronache delle più accese rivalità sudamericane”.
Fondatore della pagina, del Podcast e del canale twitch “Que Viva el Fútbol”.
Collabora con Carlo Pizzigoni a “La Fiera del Calcio”.
Juri Gobbini – autore della pagina Facebook Storia del Calcio Spagnolo, del libro “Dalla Furia al Tiki-Taka” (Urbone Publishing) e de “La Quinta del Buitre”.
Immagine di copertina tratta da Wikipedia.