
La storia dello Sporting Benimaclet, con Valencia sullo sfondo
Ottobre 23, 2024A Valencia, al confine tra il quartiere di Benimaclet e i campi della Horta Valenciana sorge l’Espai Verd (traduzione dal valenciano: spazio verde). Un enorme edificio residenziale risalente agli anni ’90, ad opera dell’architetto Antonio Cortes Ferrando, di stile “brutalista”, con giardini, fontane, un’area sportiva, una piscina e persino una montagna con pini che si impossessa di tutto, fino a entrare nei vari appartamenti trasformandoli in un’oasi.
L’opera dell’architetto fu un qualcosa di rivoluzionario per la città. Improntata ad una forte visione ecologista, in un’epoca in un cui il modello verde ambientalista non faceva ancora parte delle nostre prospettive.
All’ombra di questo edificio, immerso tra gli ultimi edifici del quartiere di Benimaclet e tra i canneti si trova lo Sporting Benimaclet CF. Un umile club di quartiere, ma fiero della sua storia. Il club nacque quasi per caso, quando nel 1991 un gruppo di genitori decise di creare per i propri figli una squadra con il nome del quartiere. L’idea piacque talmente tanto che l’anno successivo così tanti ragazzini entrarono a far parte del club, che i genitori decisero di fare il grande passo e federare la loro squadra.
Al momento di depositare il nome del club alla Federazione, però, si trovarono davanti a una spiacevole sorpresa. “Salve, con questo nome esiste già un club che è stato chiuso cinque anni fa. Ha lasciato dei debiti in sospeso, se volete il nome vanno prima pagati”.

Immagine concessa dal Club Sporting Benimaclet
I fondatori non ci pensarono due volte e lì, sul momento, sul foglio dove era scritto Benimaclet FC, aggiunsero uno “Sporting”. All’inizio, non trovando un campo disponibile a Benimaclet, decisero di spostarsi a Orriols nel “Torre Levante”. Ma molti genitori non furono contenti della decisione perché tra i due quartieri passava un treno.
Così, l’anno successivo finalmente trovarono il terreno accanto al nuovo imponente edificio “futurista” chiamato “Espai Verd”. Come per ogni inizio, tutto sembrava essere in salita. Tuttavia i genitori, pur di vedere contenti i loro figli con la loro maglia rossa in campo, fecero di tutto. Cercarono delle porte, dipinsero le linee e costruirono persino dei piccoli spogliatoi più un magazzino… e i lampioni? Quelli arrivarono solo più tardi. Così, si utilizzavano le luci delle case accanto.
Tutto sembrava andare nella direzione migliore, quando, nel 1996, una signora col “macchinone” si presentò al campo e disse di aver ereditato il terreno. Ragazzi e genitori furono sorpresi, come la signora che non sapeva nemmeno dell’eventualità di poter ereditare quello spazio. Comunque, la donna gentilmente disse loro che fino a quando non avesse venduto quel terreno, i ragazzi avrebbero potuto giocare lì. La calma apparente, tuttavia, durò poco, infatti il campo all’ombra dell’Espai Verd non tardò molto a essere comprato da un’impresa edile.

Immagine concessa dal Club Sporting Benimaclet
Erano gli anni del boom immobiliare, in cui a Valencia non si smetteva di costruire palazzi e molti ragazzi decidevano di lasciare gli studi perché riuscivano a guadagnare grosse cifre nel settore. L’idea del comune e dell’impresa edile fu di continuare a costruire altri edifici imponenti nella zona, ma allo stesso tempo il club venne rassicurato che al momento del posizionamento della “prima pietra” gli sarebbe stato dato un nuovo campo di calcio, per dare spazio a tutte le necessità del quartiere.
Nel frattempo, gli anni passavano, il club cresceva, ma non cambiava l’essenza del quartiere. Vari genitori, non riuscendo a pagare le quote dei propri figli, si presentavano con merce sportiva. Un padre regalò allo Sporting 100 paia di scarpette Patrick. Favoloso, a prima vista. Ma le scarpe erano taroccate e non duravano più di un allenamento.
Un altro genitore regalò delle maglie verdi e nere, i ragazzi giocavano in rosso, ma come si suol dire in spagnolo “no pasa nada”.
Infatti, chi giocava con quelle maglie non perdeva mai e fu proprio allora che il club come segno di scaramanzia decise di cambiare definitivamente il colore. Il club diventò il punto di riferimento di tutto il quartiere. Ogni categoria aveva due squadre e tutte le domeniche i genitori si presentavano al campo per vedere i propri figli giocare e per mangiare i fantastici panini di Campayo, un uomo del quartiere che ama il club, e ogni fine settimana si presentava e ancora oggi si presenta al campo con il suo foodtruck.
Poi arrivarono gli anni 2000. Il comune di Valencia iniziò a finanziare campi di calcio in erba, ma non quello nella strada “Las Fuentes”. Il campo si trovava – e si trova – in una specie di limbo e il club non poteva costruire niente, e nemmeno il comune. Lo Sporting Benimaclet attendeva speranzoso l’inizio delle costruzioni, ma nel 2008 scoppiò la “bolla immobiliare” e il Paese entrò in una grande crisi. Lo stesso anno iniziarono le difficoltà per lo Sporting Benimaclet: gran parte dei ragazzi del quartiere preferiva andare a giocare in campi di calcio in erba.
Il club cercava di resistere, ma alla fine della stagione 2012-13, con solo 12 ragazzi iscritti, decise di chiudere. Quattro anni dopo vari ragazzi cercarono di riaprire nuovamente il club, ma il Covid portò ancora una volta alla chiusura dello Sporting.
Sono passati quasi trent’anni da quando il comune e l’impresa immobiliare si erano presentati a “Las Fuentes” promettendo un futuro radioso al club. Negli ultimi anni lo Sporting Benimaclet ha nuovamente riaperto, con una sezione maschile e una femminile, grazie al sentimento di appartenenza al proprio quartiere e alla voglia di resistere. Il campo continua a essere l’ultimo di terra di tutta la città e non potendo costruire degli spogliatoi sono stati messi due container.

Immagine concessa dal Club Sporting Benimaclet
Il club è ad oggi un simbolo di autosufficienza e di amore verso i propri colori. Ogni calciatore paga la propria quota e ogni settimana i ragazzi e le ragazze si dividono i compiti da svolgere: tracciare le linee, pulire gli spogliatoi, tagliare il canneto e arare il campo con una fantastica vecchia Audi gialla senza targa.
Allo stesso tempo, alla ricerca di fondi, il club organizza dei festival riempiendo il quartiere di volantini. Oppure, in alcuni casi, lancia un crowdfunding. L’ultimo è stato quella organizzato da Ricardo Sorlí, artista urbano cresciuto nel quartiere e che ha passato la sua infanzia sbucciandosi le ginocchia all’ombra dell’Espai Verd. Ricardo e Josep Casaña hanno trasformato gli spogliatoi in un’opera d’arte, con due murales mozzafiato che sono serviti a raccogliere 1200 Euro.
In città, molti conoscono lo Sporting Benimaclet per il suo famoso campo di terra, ma pochi sanno del tesoro che nasconde: un gruppo di persone che lotta settimanalmente per amore del proprio quartiere e club. Dani, un ragazzo gentilissimo che definiscono “la wikipedia umana dello Sporting”, mi ha confidato che loro vivono alla giornata. Non sanno se verrà mai fatto il nuovo campo o, nel caso, se saranno loro ad occuparsene. La paura più grande, però, è che ogni volta che passa un grosso camion vicino al campo, arrivi una gru a buttarli fuori.
Dopo tutto ciò che mi ha raccontato, vorrei concludere con una frase speranzosa. Dani mi ha detto che nello scudo verde nero ci sono un pipistrello, simbolo della città, e il sole che ogni mattina si può vedere dal campo e quasi acceca i calciatori. Io credo che quel sole rappresenti l’essenza del club: un sole che sorge e non tramonta mai, come la fede e l’amore nello Sporting Benimaclet.
Ringrazio Dani e Ricardo per la loro disponibilità e per avermi fatto conoscere la storia di questo fantastico club.
Testo a cura di Philip Supertramp – Instagram @ilsignoredellaliga.
L’immagine di copertina è a cura dell’autore. Laddove non specificato, le foto inserite nell’articolo sono a cura dell’autore. Le foto concesse amichevolmente dal club (a cui vanno i ringraziamenti della redazione) sono segnalate nella didascalia.