Il “VAR” che funzionava ad intermittenza per Napoli e Torino
Novembre 12, 2024Immaginiamo la Storia del campionato al contrario, rivoltiamola come un calzino e saliamo su una navicella del tempo dove le innovazioni del calcio moderno le applichiamo al calcio romantico di qualche decennio fa.
Il football degli spintoni, delle lotte all’ultimo sangue tra stopper e centravanti, dei falli strategici, delle parole (non proprio ‘dolci’…) sussurrate all’orecchio dell’avversario per innervosirlo, della tirata di capelli, del calcetto allo stinco del ‘nemico’, delle gomitate a lavorare i fianchi del dirimpettaio, del tuffo in area ad invocare un rigore (vi ricordate del ‘chiarugismo’?).
Dei gol in fuorigioco e dei gol fatti con la mano. Tutto lontano dagli occhi degli arbitri o quando si pensava di passarla liscia perché non avevi decine di telecamere addosso. E soprattutto non c’era lui, il signor VAR. Ecco, facciamo finta che mezzo secolo fa il VAR fosse già stato introdotto nel calcio italiano. Ed allora chiudendo gli occhi vediamo, in un filmato in bianco e nero, che la RAI annuncia questa fantasmagorica novità nel calcio italiano il cui concetto viene ribadito anche da Paolo Valenti a “Novantesimo minuto”:
Il VAR deve essere usato esclusivamente in quattro casi, definiti determinanti per lo sviluppo della partita e del risultato. Il primo è l’assegnazione di un gol.
Nonostante questo, il campionato 1975-76 fu contrassegnato da due episodi, molto vicini nel tempo, in cui fu protagonista il Napoli, nella cattiva e nella….cattiva sorte. Perché fu convalidata una rete al Torino fatta col pugno da Pulici e fu annullata una rete di Massa fatta con la mano contro l’Ascoli. Insomma Napoli ‘cornuto e mazziato’ con l’imitazione del bomber granata molto mal riuscita all’ala partenopea.
Corsi e ricorsi storici, anche allora il Napoli era primo in classifica dopo aver sbancato l’Olimpico con la punizione di Boccolini contro la Lazio. Fu allora che nacque spontaneamente il coro di “Oj vita oj vita mia” e a Napoli, dopo la partita, vedemmo sfrecciare macchine impazzite col poster della squadra sul cofano e bandiere col volto di Savoldi, “Mister due miliardi”, che sventolavano nella brezza di Mergellina e del lungomare.
Ma riavvolgiamo il nastro poiché questo racconto parte dalla sesta giornata (gara col Toro) e finisce alla nona (gara con l’Ascoli) con un doveroso preambolo sull’inizio di quel torneo. Nelle prime cinque giornate il Napoli aveva ottenuto quattro vittorie ed un pareggio (11 reti fatte e 4 subite) ed era saldamente primo in classifica. La profezia dello scudetto, di cui tutti parlavano in estate dopo l’acquisto di Savoldi, sembrava si stesse avverando davvero. E, con questo primato in tasca, gli azzurri si apprestarono a giocare una gara fondamentale al Comunale di Torino contro i granata di Gigi Radice.
16 novembre 1975, il Torino, che vincerà lo scudetto dopo un testa a testa con la Juventus, affronta il Napoli in una brumosa giornata di inizio inverno. Quel giorno, però, si consumò una delle più grandi ingiustizie accadute su un campo di calcio, un goal fatto col…pugno. Ebbene sì, dieci anni prima della ‘mano de Dios’ di Maradona ai Mondiali messicani, Paolino Pulici bucò Carmignani con un clamoroso colpo da pallavolo. La partita si sbloccò con un gol di Pulici, poi pareggiò Savoldi con una zampata delle sue.
Tre minuti dopo il pareggio ci fu la rete che cambiò il corso della gara. Su un cross proveniente da destra, Pulici fece finta di buttarsi di testa ma colpì la palla clamorosamente col pugno. L’arbitro non vide così come non aveva visto un fallo da rigore su Braglia poco prima ma fu letteralmente accerchiato da tutti i napoletani che reclamavano l’annullamento della rete. Non ci fu nulla da fare, la giacchetta nera corse verso il centrocampo ed indicò la ripresa del gioco. L’autorete del puteolano Punziano fissò poi il punteggio sul 3 a 1 per i granata in un secondo tempo giocato quasi pro forma dagli azzurri di Vinicio, ormai scarichi dopo quanto era successo.
Quante polemiche, una partita falsata al 101%. Tutti i giornali, e non poteva essere altrimenti, titolarono la verità e la moviola della Domenica Sportiva non poté che confermare. “Pulici come Piola: pugno da k.o.”, “Condanna firmata dall’arbitro”, “La tecnica del miglior Monzon”, “La giornata delle beffe”, “Il k.o. da un pugno di Pulici”, perfino Tuttosport dovette inchinarsi alla Verità. L’arbitro, per la cronaca, era Serafino di Roma, un uomo abbastanza grasso che oggi non si vedrebbe neanche nei campionati minori di provincia.
Fu uno scandalo clamoroso tanto che, il giorno dopo, i muri di Napoli erano tappezzati da manifesti alquanto eloquenti in cui si diceva “E’ ora di finirla con la mafia calcistica!”. Oggi, con le decine di telecamere in campo, col VAR a farla da protagonista, potrebbe accadere qualcosa del genere? Temiamo di no ma allora Pulici ed il Torino la fecero franca.
Ah Pulici, Pulici, se ci fosse stato il VAR…..
La gara di Torino fu considerata, e certamente lo fu, un incidente di percorso anche perché perdere per un gol di mani non capita spesso. Ed il Napoli si rialzò presto. Dopo Torino lasciarono le penne a Napoli il Milan di Albertosi e Rivera e nella successiva trasferta gli azzurri dominarono e domarono una forte Lazio, come si è detto sopra. Primi in classifica, con tanto di euforia in città, un entusiasmo difficile da contenere e controllare.
Alla nona giornata, col Napoli saldamente al comando, arriva l’Ascoli a Fuorigrotta, prima di un ‘ciclo terribile’ che avrebbe contrapposto la squadra di Vinicio all’Inter, alla Juventus, al Bologna e alla Roma. I due punti, quelli assegnati alla vittoria, sono dietro l’angolo. Cosa vuoi che faccia l’Ascoli se non il solletico alla corazzata azzurra? Si era solo ad un terzo del torneo ma i veri valori stavano già emergendo e i bianconeri marchigiani annaspavano come non mai. Nella palla di vetro c’era già in vista una retrocessione che poi puntualmente arrivò a fine anno anche se solo per differenza reti con la Lazio.
Il 14 dicembre 1975, quasi un mese dopo l’episodio di Torino, l’Ascoli scende al “S. Paolo” con una squadra imbottita di difensori e con il solo Silva a tentare qualche contropiede. Obiettivo dichiarato ma non confessato è il pareggio, lo 0 a 0, il punticino che muove la classifica. Il Napoli, dal canto suo, non ha Savoldi, fatto fuori la domenica precedente da un fallaccio di Ghedin e Vinicio inserisce Sperotto dal primo minuto accanto a Braglia. Rientra capitan Juliano dopo due settimane di stop e per far posto al suo pupillo, Boccolini, il tecnico retrocede Ciccio Esposito in mediana e sposta Orlandini a terzino di fascia. Una squadra, dunque, super offensiva. Dove sono i due punti? Calma, al fischio finale il Napoli consoliderà il suo primato in classifica, cosa vuoi che sia la modesta squadra del presidente Rozzi? Almeno questo pensavano i più ottimisti.
Il sole è pallido sul prato bagnato dalla pioggia del giorno prima, la temperatura è mite e gli 80000 spettatori (70402 gli abbonati di quell’anno, roba da non credere) non aspettano altro che una vittoria. La gara non si sblocca nel primo tempo e non lo farà nemmeno nella seconda frazione di gioco sebbene gli azzurri fossero partiti a spron battuto. Le punte partenopee appaiono…. ‘spuntate’ e le poche occasioni sono più frutto di episodi che di un gioco corale come la squadra aveva sempre fatto fino a quel momento.
Inoltre Grassi, il portiere ascolano, appare in forma smagliante e respinge e para tutto quello che gli capita tra le mani e tra i piedi. Un miracolato, un gatto magico deciso ad inchiodare il risultato sul nulla di fatto con interventi decisi e spettacolari. Sarà lui indubbiamente il miglior uomo in campo. Il Napoli è protagonista di un vero e proprio assedio alla massiccia difesa bianconera fino a quando il cronometro segna il quindicesimo del secondo tempo, una frazione di gioco dove tutti si sarebbero augurati di vedere gli azzurri già in vantaggio.
E vantaggio fu. Juliano, dalla sinistra, pennella un traversone destinato alla testa di Massa, guardato a vista da Perico. La piccola ala si inarca in cielo ma non riesce a colpire di testa per insaccare a pochi metri dal portiere. E allora che fa? Schiaffeggia il pallone con la mano sinistra ed insacca. L’arbitro non si accorge di nulla e convalida il gol ma, richiamato dal guardalinee, torna sui suoi passi ed annulla. Intanto Massa esulta e si guarda intorno per attendere la decisione dell’arbitro chiedendosi, forse, “l’ha fatto Pulici, non lo posso fare anch’io?”.
Ed invece viene scoperto come il bambino con le mani nella Nutella e il risultato rimane a reti inviolate. Poverino, l’ala azzurra ci provò ma gli andò veramente male. Dobbiamo, però, sottolineare la sua onestà quando, alla fine del match, dichiarò : “Sul cross di Juliano sono andato incontro alla palla: quando mi sono accorto che non ci sarei arrivato l’ho schiaffeggiata con la mano sinistra. E’ stato un gesto istintivo, non di furbizia. Non ho protestato perché avevo torto anche se quelli dell’Ascoli, tranne il mio marcatore, non avevano visto niente”.
Apriti cielo, il mattino seguente qualche giornale, nonostante la confessione di Massa, darà del ‘Gassman’ al giocatore per dire che aveva recitato bene la parte. Oggi, con telecamere in campo, col VAR, potrebbe accadere qualcosa del genere? Temiamo di no anche in questo caso ma allora Massa tentò il colpaccio. Pur di far felici i tifosi azzurri.
Testo di Davide Morgera. Professore e scrittore, cultore della storia del calcio e del Napoli. Ha pubblicato quattro libri:
Cronache dal secolo scorso: atti unici nella storia del Napoli (con Urbone Publishing).
Azzurro Napoli. Iconografia inedita di una passione infinita.
Volevo essere Sergio Clerici. Memorie e storie di calcio.
L’immagine di copertina (prima pagina de Il Mattino dopo Torino – Napoli 3-1) e le foto del testo sono tratte dall’archivio personale di Davide Morgera e utilizzate su autorizzazione dell’autore.