L’Eintracht Braunschweig e quello sponsor Jägermeister

L’Eintracht Braunschweig e quello sponsor Jägermeister

Gennaio 9, 2025 0 Di Philip Supertramp

Oggi sarebbe impensabile immaginare un club di calcio senza sponsorizzazioni. Ogni club ha più sponsor e perfino gli stadi stanno barattando il loro nome d’origine in cambio di denaro. Durante l’ultimo Europeo, ben otto città tedesche hanno visto cambiare il nome del loro stadio, legato a uno sponsor, a causa di una norma presente nel regolamento calcistico europeo.

Tuttavia, non molto tempo fa, il calcio era uno sport più semplice, senza contratti milionari né accordi commerciali. L’introduzione delle sponsorizzazioni ha segnato un punto di svolta, trasformando l’economia dei club e, di conseguenza, dello sport.

I primi passi degli sponsor sulle maglie in Germania: l’Eintrach Braunschweig e la Jägermeister

Questa rivoluzione ebbe un punto di partenza chiaro, proprio in Germania, quando nel 1973 l’Eintracht Braunschweig e il marchio di liquori Jägermeister trovarono un accordo economico in grado di sostenere il club in un momento complesso.

Nel 1972 Eckhard Schimpf, pilota e giornalista tedesco, grande appassionato di auto, propose a Mast, suo cugino, di sponsorizzare la sua partecipazione al Rally di Montecarlo con 500 marchi. Il CEO della bevanda alcolica gliene diede 1.000 e gli disse di risentirsi al termine della gara. Quel giorno nacque il Jägermeister Racing Team, ma allo stesso tempo Mast, grazie all’avventuroso parente, intuì che questa idea poteva andare molto oltre il mondo delle auto. Quell’estate si giocarono gli Europei in Belgio e, il giorno dei quarti di finale tra Germania Ovest e Inghilterra, Mast organizzò una festa con i propri associati.

A un certo punto, tutti gli ospiti si ritrovarono davanti al televisore a seguire la partita. Fu in quel momento che all’imprenditore tedesco si accese la lampadina: dopo la Formula 1, avrebbe dovuto puntare su un club di calcio.

Sfida di Coppa Campioni fra i Leoni dell’Eintracht Braunschweig e la Juventus nel 1967-68, unica partecipazione del club tedesco nella massima competizione continentale, dopo aver vinto il titolo di Bundesliga nella stagione precedente (immagine tratta da Wikipedia – public domain)

Nella Bassa Sassonia, a una quindicina di chilometri da Wolfenbüttel, sede delLA Jägermeister, giocava l’Eintracht Braunschweig, club fondato nel 1895, che agli inizi degli anni ’70 stava attraversando un periodo difficile. Dopo aver vinto l’unico titolo della Bundesliga nella stagione 1966/67, la squadra cadde in una profonda crisi economica e sportiva. Nel 1971, il club fu coinvolto in uno scandalo di partite truccate in cui furono implicati diversi giocatori, aggravando ulteriormente la sua situazione finanziaria.

L’intuizione di Mast

Con il club sull’orlo della scomparsa, la soluzione arrivò grazie a Günter Mast, imprenditore e proprietario di Jägermeister, che vide l’opportunità che stava cercando per promuovere il suo liquore alle erbe, già popolare in Germania ma con un grande potenziale di crescita.

L’offerta dell’imprenditore era rivoluzionaria: pagare all’Eintracht Braunschweig 100.000 marchi all’anno (equivalenti a circa 28.000 euro odierni) in cambio della collocazione del logo di Jägermeister, un cervo con una croce tra le corna, sul petto delle maglie gialle della squadra.

Sebbene l’accordo rappresentasse una vera e propria salvezza per il club, la Federazione Tedesca di Calcio (DFB) si oppose fermamente. Già nel 1967 la Wormatia Worms, squadra che partecipava alla Regionalliga Sudovest, era scesa in campo alla con la scritta “CAT” sulla parte anteriore e posteriore della maglietta. Questo accordo da 5.000 marchi tra il club e l’azienda statunitense Caterpillar, che aveva una sede a Worms, sollevò un grande clamore, tanto che la DFB vietò qualsiasi forma di pubblicità sulle divise.

Ma Mast e il club trovarono un modo ingegnoso per aggirare il divieto: sostituendo il tradizionale stemma del leone con il logo di Jägermeister. Il 24 marzo 1973, l’Eintracht Braunschweig contro lo Shalke 04 fece la storia diventando la prima squadra della Bundesliga a sfoggiare uno sponsor sulla maglia. Le reazioni non tardarono ad arrivare: mentre alcuni tifosi del club criticarono la “profanazione” dei colori, altri club e la stampa nazionale avviarono un dibattito che non fece altro che aumentare l’esposizione del marchio.

Il connubio tra l’Eintracht Braunschweig e Jägermeister durò fino al 1985, quando il club retrocesse in seconda divisione. Nel frattempo, Mast tentò anche di cambiare il nome della squadra in “Eintracht Jägermeister”, ma la DFB respinse la proposta. Durante questo periodo, il club registrò miglioramenti sia nelle prestazioni sia nella visibilità mediatica. Il più famoso di tutti fu l’acquisto, nell’estate del 1973, di Paul Breitner dal Real Madrid. L’arrivo di Breitner ai “Die Löwen” generò grande aspettativa nei media e attirò nuovi tifosi al club. “Der Afro” rimase una sola stagione, ma riuscì ugualmente a dimostrare la sua qualità e il suo carisma da leader nella squadra.

L’accordo tra Jägermeister e l’Eintracht Braunschweig non solo salvò il club, ma rivoluzionò anche il modello di business del calcio. Nella stagione 1973/74, altre quattro squadre della Bundesliga seguirono l’esempio: l’Amburgo con Campari, l’Eintracht Francoforte con Remington, il Fortuna Düsseldorf con Allkauf e il Duisburg con Brian Scott.

La diffusione del connubio calcio / sponsor sulle maglie in Europa

Questo modello di sponsorizzazione si diffuse rapidamente in tutta Europa. In Inghilterra, sebbene il Liverpool sia considerato il primo club a introdurre uno sponsor nel 1979 con Hitachi, già nel 1976, anche se con minor successo a causa delle restrizioni della federazione inglese, fu il modesto Kettering Town a fare il primo passo. In Spagna, la prima squadra ad adottare questa pratica fu il Racing Santander nel 1981, con il logo di Teka sulle maglie.

Quanto all’Italia, già nel 1953 il Lanerossi Vicenza espose come stemma societario la “R” rossa dell’azienda tessile proprietaria del club. Durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale, Juventus e Torino, per motivi economici, cambiarono nome in Juventus Cisitalia e Torino Fiat. Mentre per trovare il primo sponsor scritto, bisogna arrivare all‘8 ottobre 1978, quando il presidente dell’Udinese Sanson, proprietario dell’omonima azienda di gelati, approfittò del divieto della FIGC di sponsorizzazioni “solo” sulle maglie per far scendere in campo i calciatori contro il Foggia con la scritta “Sanson” sui pantaloncini.

Gigi Del Neri e il presidente dell’Udinese Teofilo Sanson, nel 1978-79. La scritta “Sanson” fa da sponsor ben visibile sui pantaloncini (immagine tratta da Wikipedia)

Lo scherzo costò all’Udinese 10 milioni di lire di multa, ma portò anche grande notorietà. Un anno dopo, il presidente D’Attoma del Perugia, per finanziare l’ingaggio di Paolo Rossi, trovò un accordo di 400 milioni di Lire con la Buitoni-Perugina. Come scappatoia al divieto di scritte sulla maglia, il presidente del grifone fondò il marchio “Ponte Sportswear”, come fornitore tecnico del club. La scritta che apparve sotto lo stemma del club invece richiamava alla “Pasta Ponte”. La Federcalcio contrastò l’iniziativa, riuscendo a far rimuovere il logo. Nel frattempo, D’Attoma diffuse il marchio su tute, pettorine e panchine, aprendo la strada alla sponsorizzazione nel calcio.

Oggi, la sponsorizzazione sportiva è un pilastro fondamentale dell’economia dello sport, e quella prima maglia con il cervo e la croce occupa un posto importante nella storia del calcio, come punto di partenza di un’epoca in cui i marchi e il calcio camminano mano nella mano, plasmando insieme il presente e il futuro di club e manifestazioni sportive.

 

Testo a cura di Philip Supertramp – Instagram @ilsignoredellaliga.

Immagine di copertina tratta da Wikimedia Commons: sfida relativa alla Coppa UEFA 1977-78 contro il PSV.