L’ultima partita di Capitan Marek Hamsik
Gennaio 11, 2025La sera del 30 novembre 2024, sul terreno dello stadio Monumental di Buenos Aires, casa del River Plate, si stavano giocando gli ultimi minuti della finale di Copa Libertadores, col Botafogo in vantaggio per 2-1, nonostante l’inferiorità numerica patita praticamente 30 secondi il calcio d’inizio (fallaccio di Gregore), contro l’Atletico Mineiro.
Ai gol di Luiz Henrique e Alex Telles (su rigore), aveva risposto, accorciando le distanze, una vecchia conoscenza del Napoli e del campionato italiano, una meteora più che altro, quell’Edu Vargas che mai si era adattato al nostro calcio.
Campione con la maglia della nazionale cilena, Vargas aveva ridato speranza ai suoi con un colpo di testa, a cui avevano però fatto seguito un paio di occasioni importanti non sfruttate a dovere. L’allenatore portoghese dei carioca, Artur Jorge, aveva pertanto deciso per una sostituzione conservativa nel recupero. Dentro Marques Allan, fuori Igor Jesus, un mediano per un attaccante.
Allan non aveva mai vinto un trofeo importante che non fosse una coppa nazionale, ma su questo aspetto torneremo presto. Nel giro di pochi giorni, a 37 anni e al crepuscolo di una vita da mediano, avrebbe però festeggiato col Botafogo la vittoria della Copa Libertadores e del campionato brasiliano, che il Fogão si era già lasciato sfuggire, inopinatamente, l’anno prima e che mancava dal 1995 e dai gol di Tulio Maravilha. Il Botafogo non solo mantenne il vantaggio, ma realizzò con lui in campo il 3-1 grazie a Junior Santos, nel recupero, con gli avversari ormai tutti gettati nell’altra metà campo.
Ero estremamente felice per Allan quella sera, da tifoso del Napoli. Un calciatore che in campo non si è mai risparmiato e che avrebbe meritato, come tutti coloro che facevano parte di quella squadra, di vincere il campionato di Serie A 2017-18, conclusa dai ragazzi allenati da Sarri con 91 punti e un secondo posto che da queste parti nessuno ha mai digerito, solo tardivamente riscattato dallo Scudetto 2022-23. Il terzetto titolare di centrocampo, con Allan, era composta dall’italo brasiliano Jorginho e, soprattutto, dal capitano Marek Hamsik, recordman di presenze e – prima di essere superato da Dries Mertens – anche di reti, con la maglia azzurra.
Di quell’ultimo meraviglioso e perdente acuto “sarrista”, si ricorda certamente la bellezza del calcio e la voglia matta di regalare uno Scudetto alla piazza. Velleità distrutte un pomeriggio di Firenze, dopo che la Juventus, la sera precedente, era andata a vincere a Milano contro l’Inter reagendo alla sconfitta interna subita contro il Napoli di una settimana prima. Dimenticato il colpo di testa di Koulibaly che svettava allo Stadium. Nella testa solo la rabbia per ciò era accaduto a Milano, fra discutibili decisioni arbitrali e una rimonta targata Higuain da 2-1 a 2-3 per la Juventus.
A Firenze, sotto i colpi da hattrick del Cholito Simeone, figlio del Cholo che avrebbe poi vinto lo Scudetto a Napoli, perché il calcio fa giri immensi, gli azzurri caddero senza colpo ferire, con Koulibaly subito espulso e le gambe che seguivano la testa girando a vuoto. Quel giorno sorprese, fra le tante insufficienze, un 7 pieno proprio ad Allan, il guerriero, l’ultimo a mollare.
La stagione successiva, il Napoli sostituì Sarri, passato al Chelsea, con il grande Carlo Ancelotti, il quale acconsentì alla cessione di Jorginho prendendo, dal Betis, un ottimo centrocampista di nome Fabian Ruiz. Carlo pretese la permanenza degli altri big e convinse Hamsik – che aveva affermato di non aver più nulla da dare ad una squadra che l’aveva accolto, dal Brescia, alla prima stagione del ritorno in serie A dell’epoca De Laurentiis 12 anni prima – a restare ancora almeno sei mesi, a far da chioccia proprio allo spagnolo e a salvaguardare la crescita del nuovo titolare, Zielinski, cresciuto alle spalle del capitano.
Di questo, i tifosi in effetti sapevano poco o nulla, fin al gennaio 2019, col Napoli che aveva chiuso il girone d’andata a 44 punti, tanti in effetti, ma troppo pochi se raffrontati al record di 53 (!) della Juventus di Allegri che aveva fatto il botto di mercato con Cristiano Ronaldo.
Hamsik capì che era tempo di salutare. De Laurentiis, va detto, fece di tutto per trattenerlo fino al mercato di “riparazione”. Ancelotti mise il veto alla cessione di Allan al PSG, che si era innamorato del brasiliano in Champions, dove il Napoli aveva ben figurato prima di finire terzo a causa della sconfitta di Liverpool, nonostante due grandi prove del brasiliano nei pareggi contro i parigini e la vittoria contro gli inglesi all’andata. Sessanta milioni aveva messo sul piatto la proprietà qatariota, beccandosi un secco no, del quale De Laurentiis si sarebbe pentito (Allan avrebbe successivamente lasciato il Napoli per 20 mln circa, approdando all’Everton ma senza essere più lo stesso).
E così, nel silenzio generale, una sera di febbraio, il 2 per la precisione, a mercato europeo chiuso, capitan Hamsik giocò i suoi ultimi 75 minuti nel Napoli. Una sua grande apertura aveva ispirato il vantaggio partenopeo, per un 3-0 netto, in carrozza, contro la Samp, che pure all’andata aveva fatto male con lo stesso punteggio (chi ricorda del clamoroso tacco di Quagliarella per il 3-0? Chiunque, forse).
Hamsik uscì al 75′, sostituito da Amadou Diawara. Non avrebbe più fatto ritorno in campo con la maglia azzurra. Fu ceduto per 20 mln di dollari al Dalian. Dodici stagioni, 408 presenze in A (520 in tutte le competizioni) e 100 gol (121 totali in tutte le competizioni).
Uno dei più grandi calciatori della storia azzurra, forse il più importante del dopo Maradona, lasciava in silenzio, mentre, nel dopogara, le voci sulla sua cessione divennero certezza. Il giovane slovacco, che era arrivato durante un caldo luglio 2007 a Castelvolturno dal Brescia, fortemente voluto dal Direttore Pierpaolo Marino – che si era invaghito di lui durante Napoli – Brescia 3-1 della stagione precedente in B – presentato con capigliature e abiti discutibili insieme ad un altro successivo idolo della piazza, il Pocho Lavezzi, se ne andava come l’ultimo della pista, senza polemiche, annunci, senza uno straccio di conferenza stampa. In punta di piedi, com’era venuto. Nella seconda parte di stagione, e per diversi anni a seguire, il Napoli avrebbe accusato il vuoto tecnico e morale lasciato da Hamsik.
Le storie di Hamsik e Allan, che si intrecciarono in quel mese di gennaio 2019 per l’ultima volta dal punto di vista calcistico, sono emblematiche della gestione De Laurentiis. L’imprenditore italiano che ha forse applicato all’ennesima potenza, nel calcio, le virtù del player trading e del bilancio in attivo, ha spesso venduto molto bene, ma ha accumulato anche tante piccole grandi macchie, non ultima la mancata cessione Osimhen, rinnovato a cifre a 7 zeri con la promessa di venderlo al miglior offerente, creando un effetto domino negativo che dura ancora ai giorni nostri.
Ora, non abbiamo la certezza matematica che la cessione di Kvaratskhelia nella sessione di mercato di gennaio 2025 abbia a che fare con il gran rifiuto di maggio, quando ancora il PSG si era avvicinato ai 200 mln per il pacchetto completo dei principali artefici dello Scudetto. Fatto sta che Osimhen è ancora in prestito al Galatasaray, con una clausola scesa a 75 mln che, probabilmente, nessuno tirerà mai fuori. E il calciatore più forte e con più mercato della squadra prima in classifica (stavolta i 44 punti del girone d’andata sono stati abbastanza, al netto dei recuperi dell’Inter) verrà ceduto, per sua richiesta e con la compiacenza di De Laurentiis, tardivo nell’offrire un giusto rinnovo al georgiano, a stagione in corso.
Conte, che aveva posto il veto alla cessione di Kvaratskhelia, è andato in conferenza stampa a dire che “si sente tradito” da Kvara. Che aveva confidato nell’accordo fra le parti per un rinnovo che non è mai arrivato, e aveva investito fin troppo tempo nel cercare di convincere il ragazzo a restare, per essere al centro di un nuovo progetto vincente.
Il Napoli paga ancora il decimo posto che ha macchiato gli eroi dello Scudetto e il ciclo d’alta classifica di De Laurentiis.
Cedendo Kvara il Napoli metterà a bilancio una plusvalenza enorme: il georgiano era arrivato nell’estate 2022 per un semplice indennizzo di 10 mln alla Dinamo Batumi, con una mossa orchestrata dall’ex DS Giuntoli in accordo col procuratore Jugeli e col padre del calciatore, che l’avevano convinto a scegliere la squadra che più l’ha voluto e non la Juventus.
Oggi, però, gettare fango e chiamare “mercenari” i ragazzi che hanno regalato al Napoli lo Scudetto che è mancato a quelli come Hamsik ed Allan, sarebbe vergognoso per una piazza che senza Maradona non aveva più vinto nulla di rilevante e senza De Laurentiis era precipitata negli inferi fino a scomparire.
Hamsik, che alla Slovacchia ha regalato le sue prima qualificazioni ai Mondiali e agli Europei, ha poi terminato la carriera al Trabzonspor, in Turchia, dove ha vinto il suo primo campionato in carriera nel 2022, per poi ritirarsi definitivamente nella stagione successiva, chiudendo la carriera con un’ultima partita con la maglia della Slovacchia al fianco di Stanislav Lobotka, altro protagonista dello Scudetto, che proprio Marekiaro consigliò agli azzurri.
Quel campionato turco che oggi concede “asilo” – ben pagato – a Victor Osimhen, il nigeriano diventato improvvisamente triste e con la borsa piena nel luogo che l’ha reso immortale, Napoli.
Era de Maggio, il 4, del 2023. Cosa ne sarà di questo Gennaio 2025, invece, solo il ricordo di un’impresa che in tanti consideravano impossibile.
Luca Sisto è cofondatore e direttore editoriale di Football&Life. Appassionato di sport, in particolare di calcio e basket, tifoso del Napoli e della nazionale dei Leoni Indomabili del Camerun, lavora nel turismo.
Immagine di copertina tratta da Wikipedia.