
L’arca di Noah Okafor
Febbraio 20, 2025Un nome biblico come quello di Noè non viene dato a caso.
D’altronde, se nasci in Svizzera, da padre nigeriano igbo, un po’ di radici te le porti appresso, nel DNA come nel cognome, e il nome deve quantomeno fare da contraltare.
Nella lingua igbo, Okafor vuol dire “nato nel giorno Afor”. Dove afor è uno dei quattro giorni della settimana, che si basa sul ciclo della vita della terra e viene scandita dal mercato del villaggio, in un sistema sociale strettamente interconnesso.
Gli igbo sono uno dei gruppi etnici più numerosi della Nigeria, un Paese immenso, diviso al suo interno da secolari lotte tribali e dove lo Stato e la corruzione della polizia dominano la vita cittadina.
Ma nei villaggi al di fuori delle grandi città la vita di sussistenza scorre ancora lenta, con l’incedere del tempo del raccolto, della crescita dei prodotti della terra che saranno scambiati al mercato, per la sopravvivenza di tutti, e dove la circolazione del denaro è pressoché inesistente.
Il giorno di Afor porta con sé un significato speciale. Rappresenta la crescita, la stabilità del frutto della terra prima del raccolto. È un giorno propizio.
Ma Noah Okafor, di professione calciatore, oggi nazionale svizzero e in prestito dal Milan al Napoli nell’ultimo minuto dell’ultimo giorno di un mercato di gennaio disastroso per gli azzurri, è nato nel Paese elvetico in un giorno diverso da quello che porta in dote il suo patronimico.
Il 24 maggio del 2000, nella cultura igbo, era infatti un giorno “eke”, parola che ha il duplice significato di natura ma riecheggia anche il serpente “pitone”, ed è il primo giorno del mercato igbo. Un giorno associato all’elemento del fuoco, dinanzi al quale ci si riposa, ci si astiene dal lavoro.
Va da sé che papà Okafor aveva il compito di inserire, nel nome completo del nascituro, e anche un po’ per dare un tono internazionale, un elemento connesso all’aria o all’acqua. E la scelta è ricaduta sulla prima, più spirituale e meno terrena.
Da qui Noah, che nella Bibbia tendenzialmente non ha bisogno di presentazioni, e il secondo nome in omaggio al dono di Dio, Arinzechukwu, letteralmente “grazie a Dio”, tipica interiezione igbo.
Crescere nella Svizzera del duemila ha certamente giovato al buon Noah. Un Paese multiculturale dove il razzismo è una componente meno riconosciuta rispetto al nostro Paese, anzi. Si può dire che molti svizzeri vedano di malocchio più gli italiani che non le etnie africane e balcaniche che hanno trovato nuova vita Oltralpe, sfuggendo ad una vita di guerra e povertà.
Cresciuto calcisticamente nel Basilea e lanciato nel grande calcio dall’RB Salisburgo, in Austria, Okafor è stato acquistato dal Milan nell’estate del 2023 dove si è mostrato come un ottimo “supersub”, ovvero il giocatore che entra dalla panchina per cambiare le sorti della gara, generalmente nell’ultimo terzo della stessa.
Snobbato in questa stagione prima da Fonseca, poi da Sergio Conceição, in un Milan che a gennaio ha fatto mercato con acquisti come Santi Giménez e prestiti di lusso come João Félix, Okafor, per di più reduce da un infortunio, è rientrato in orbita Red Bull, ma il suo trasferimento in prestito al Lipsia, la squadra principale del gruppo, non si è concretizzato per via delle condizioni fisiche non ottimali del calciatore.
In buona sostanza, quando tutti gli altri affari per sostituire Kvaratskhelia al Napoli sono andati in fumo, Manna ha scelto l’esubero degli esuberi del mese di gennaio.
La verità, vi prego, sulla cessione di Khvicha Kvaratskhelia al PSG
Questo, senza nulla togliere al valore medio alto del calciatore, in senso assoluto.
Fatto sta che, se il Napoli, con l’infortunio di Neres e la cessione di Kvara, e poi con gli infortuni dei due terzini Olivera e Spinazzola, aveva bisogno di un calciatore pronto sulla fascia sinistra sia in attacco che in difesa, Noah Okafor non era esattamente l’uomo giusto.
Con Dorgu avrebbe avuto entrambi in un colpo solo, ma il Manchester United è arrivato da Pantaleo Corvino con la classica offerta che non si può rifiutare, e il danese di origini ghanesi è volato in Inghilterra nella squadra di Amorim, paradossalmente lo United più sgangherato degli ultimi imbarazzanti anni post Ferguson. Ma questa è un’altra storia.
Dobbiamo tornare a noi, a quei 3 minuti più recupero contro l’Udinese in cui Antonio Conte ha chiesto ad Okafor di provare a vincere la partita.
E, ovviamente, non c’è riuscito lui come non c’è riuscito il resto dei cambi. Con la Lazio, poi, nel terzo pareggio di fila degli azzurri, non è nemmeno entrato.
Non sappiamo se e quando Noah Okafor tornerà in condizione e sarà in grado di portare tutti sulla sua arca. Scettici, detrattori, tifosi, compagni, ex compagni e avversari. Nessuno può dirlo.
Ma com’era la storia del calendario igbo? Ecco, il Napoli ha preso Okafor l’ultimo giorno di mercato, il 3 febbraio 2025. Dicevamo, che giorno era questo per gli igbo? Oriè.
E cosa rappresenta Oriè? Rappresenta l’acqua, proprio quello che mancava per completare i 4 elementi nel nome e cognome di Noah.
Un elemento connesso alla flessibilità – Bruce Lee sarebbe d’accordo – la capacità di adattarsi a qualunque situazione. Come la capacità del Napoli di far fronte ad una stagione in cui sono stati ceduti, prima in estate e poi in inverno, i due principali protagonisti dello Scudetto, il georgiano delle meraviglie e il nigeriano Osimhen (magari Okafor ne potesse ricalcare le gesta sul campo, almeno in minima parte).
Bene, adesso siamo pronti a salire sull’arca di Noah Okafor. Quando e se lo saranno anche lui ed Antonio Conte, speriamo solo non sia troppo tardi.
Luca Sisto è cofondatore e direttore editoriale di Football&Life. Appassionato di sport, in particolare di calcio, basket e atletica. Tifoso del Napoli e della nazionale dei Leoni Indomabili del Camerun. Lavora nel turismo.
Immagine di copertina tratta da Wikipedia.