
Stella Rossa – Sampdoria: storia di un giorno di ordinaria follia
Marzo 6, 2025Trentatré anni fa ebbe luogo una delle tante partite entrate di diritto nella storia dell’U.C. Sampdoria, una delle tante partite legate a doppio filo alla Storia, con la S maiuscola.
Il retroterra
In seguito alla morte del maresciallo “Tito” – avvenuta nel 1980 – la Jugoslavia si trova ad affrontare un crescente squilibrio interno, tanto economico quanto politico. In particolar modo le repubbliche di Slovenia e Croazia viaggiano a velocità più elevata rispetto al resto del Paese, alimentando un sentimento indipendentista sempre più forte all’interno delle élite locali.
È nel nuovo decennio che questi moti prendono forma: nel ’90 si svolgono elezioni in tutte le sei Repubbliche. Il 25 giugno 1991 si dichiarano indipendenti proprio Slovenia e Croazia, a cui si aggiungerà tre mesi dopo la Macedonia. Questa non subisce particolari azioni belliche da parte dell’Esercito Jugoslavo, a differenza delle prime due. La Repubblica Croata specialmente, così come la Bosnia Erzegovina a partire dall’anno successivo, si trova insanguinata da un conflitto durato fino al dicembre del 1995.
Sul piano sportivo invece, la Coppa dei Campioni 1991-92, l’ultima prima di cambiare denominazione e diventare UEFA Champions League, vede un cambio di formula rispetto all’edizione precedente. Al fine di aumentare il numero di gare da disputare, i quarti di finale e le semifinali vengono sostituiti da due gironi all’italiana da quattro squadre ciascuno, le cui prime classificate si sarebbero poi scontrate in finale nel mitico stadio di Wembley.
La rappresentante del Belpaese è chiaramente la Sampdoria, fresca vincitrice del primo ed unico scudetto. I blucerchiati di Vialli e Mancini liquidano per 7-1 i norvegesi del Rosenborg nel doppio confronto dei sedicesimi, trovandosi a faticare nel turno successivo. L’Honvéd ha la meglio all’andata, ma a Genova la musica cambia: 3-1 e partecipazione al girone messa in cassaforte. Da qui in avanti la geopolitica ed il calcio si intersecano, e la nostra storia si lega indissolubilmente alla Storia.

Gianluca Vialli e Roberto Mancini con la maglia scudettata della Sampdoria (foto tratta da Wikipedia).
I quarti di finale vedono la Samp inserita nel raggruppamento con il Panathinaikos, l’Anderlecht e soprattutto la Stella Rossa. I serbi non sono semplicemente una squadra ostica come al giorno d’oggi, ma i detentori del trofeo: la cavalcata epica della stagione precedente li ha incoronati Campioni d’Europa nella finale del San Nicola contro l’Olympique Marsiglia. Nelle fila dei biancorossi – autentici dominatori in patria – militano calciatori del calibro di Vladimir Jugović, Siniša Mihajlović, Dejan Savićević e Darko Pančev.
Il fato vuole che il girone si apra con un vero e proprio battesimo di fuoco, la Sampdoria è chiamata proprio a scontrarsi con la Zvezda tra le mura amiche. Un’autorete di Nedeljković e il sigillo di Gianluca Vialli regalano alla squadra di Boškov una vittoria di prestigio sui campioni in carica.
Stella Rossa – Sampdoria: il prepartita
È il giorno della quinta gara del girone, la gara di ritorno. È il 1°aprile, ma nessuno ha voglia di scherzare. I blucerchiati, nonostante la vittoria dell’andata, si trovano al secondo posto con cinque punti a causa di un paio d’incidenti di percorso, mentre la Stella Rossa non ha più sbagliato. La quarta vittoria consecutiva – per i serbi – significherebbe qualificazione matematica alla seconda finale di fila, motivo per cui la concentrazione è massima.
Un contributo fondamentale nell’incendiare l’atmosfera è dato anche dalla situazione dell’ormai ex Repubblica Socialista di Jugoslavia, sostanzialmente collassata. La guerra fratricida si espande sempre di più, ed è sempre più violenta. Soltanto tre giorni dopo la partita, l’unità paramilitare delle “Tigri di Arkan” si renderà direttamente responsabile dell’esplosione di due ordigni nella cittadina di Bijeljina. Il bilancio è di 17 morti. È l’inizio del periodo più buio per la Bosnia-Erzegovina – ed in particolare per l’etnia bosgnacca – vittima di pesantissimi fenomeni di pulizia etnica, perpetrati proprio dalla Guardia Volontaria Serba al comando di Željko Ražnatović.
Quest’ultimo, a partire dagli anni Ottanta, è a capo della curva della Stella Rossa. Non è difficile immaginare quale sia il clima in cui si debba giocare, nonostante la città deputata ad ospitare le gare interne dei belgradesi sia Sofia, proprio a causa dell’instabile (per usare un eufemismo) momento vissuto dalla Jugoslavia.
La distanza tra la capitale bulgara e quella serba è tuttavia di 320 km, all’incirca la stessa che intercorre fra Roma e Modena, motivo per cui c’è una vera e propria invasione di ultras biancorossi. Decine di migliaia di hooligans, molti dei quali sono sprovvisti di biglietto e per nulla interessati alla partita.
A muoverli è una sorta di vendetta politica: nei tifosi e nei giornalisti italiani vedono l’Europa occidentale, la NATO. Si scatena così un’autentica caccia all’uomo. Le cronache e le immagini dell’epoca raccontano di sassaiole, assalti nei sottopassaggi della città e decine di serbi armati di mazze da hockey.
A fare le spese di tale clima non sono soltanto i supporters genovesi, ma anche i giocatori e lo staff blucerchiati. Il presidente Mantovani contatta l’ambasciatore italiano a Sofia, portando persino alla mobilitazione del Ministro dell’Interno. Vengono aumentate le misure di sicurezza, ma la tensione non tende a diminuire.
A trent’anni da quel giorno è Pietro Vierchowod a ricordare la paura, tramite un’intervista sulle pagine de La Repubblica: “Rammento tutto. Ricordo la paura di mia moglie Carmen, di alcuni miei amici, di tanta gente che conoscevo. Proibito fare i sottopassi, erano luoghi per agguati. La gente si rifugiava nelle chiese, nei negozi. Un clima di terrore incredibile, molti furono i feriti. Erano ore di tensione anche per noi: Ezio Marchi, il massaggiatore, fu aggredito e picchiato. Eravamo a fare una passeggiata con Boškov, lui era rimasto una cinquantina di metri indietro. Fatali, prese un sacco di botte”.
Un’altra testimonianza ci è fornita dalle parole di altri protagonisti blucerchiati, estratte dal film “La bella stagione”. Narciso Pezzotti – storico vice di Boškov – ricorda che, a seguito della sopracitata passeggiata, Pagliuca si fermò per scattare qualche fotografia e fu aggredito, mentre Giovanni Invernizzi si nascose in una macelleria per sfuggire alla furia degli ultrà serbi.
Fu proprio lo Zar Vierchowod, tuttavia, il primo a combattere la paura. “Serviva un gesto forte, per vincere il terrore, per far capire che eravamo pronti a giocarcela. Decisi di andare in campo a torso nudo, da solo, di fare il riscaldamento sotto la loro curva, guardandoli, mentre mi insultavano” disse.
Mentre Luca Vialli e Ivano Bonetti scelsero di cantare un coro della Gradinata Sud, sulle note della Marsigliese, per scacciare la paura nello spogliatoio.
Il giudizio del campo
Nonostante i tentativi di esorcizzarla, la tensione in casa Samp è palpabile: in parte per via del clima, in parte per l’alta posta in palio. Ciò si manifesta soprattutto nella prima mezz’ora, in cui la Stella Rossa passa in vantaggio con una punizione magistrale segnata da Mihajlovič e sfiora il gol con Jugović prima e Bolić poi. Come se non bastasse, Cerezo si infortuna ed è costretto a lasciare il campo.
Al 32’, tuttavia, calcio e Storia tornano a intersecarsi: a punire i serbi siglando la rete dell’1-1 è lo sloveno Srečko Kataneć. I blucerchiati prendono fiducia e dieci minuti dopo si trovano avanti, grazie all’autorete di Vasilijievic. Nella seconda frazione non c’è più dubbio: la Stella Rossa ha accusato il colpo e così Mancini chiude la contesa ad un quarto d’ora dal triplice fischio finale.
I ragazzi allenati da Boškov, sorprendentemente, all’uscita dal terreno di gioco vengono sommersi dagli applausi dei supporters serbi, consci della supremazia dei genovesi. L’ultimo passo – indelebile nella storia blucerchiata – prima dell’amara finale di Wembley è compiuto, un passo che per importanza e risvolti storici assume i contorni della leggenda.
Testo di Matteo Giribaldi. Genovese e doriano per diritto di nascita, ha scritto per Sottoporta – Il Calcio Internazionale e collaborato con diverse testate. Lavora nel campo scolastico.
Immagine di copertina: screen da highlights YouTube account eurocupsdofootball.