Cané, l’ultimo gol a Bologna e la casetta in Canada

Cané, l’ultimo gol a Bologna e la casetta in Canada

Aprile 2, 2025 0 Di Davide Morgera

Non lo sapeva, non lo poteva sapere. Non immaginava che fosse. “Era de maggio” scriveva il poeta Di Giacomo e centinaia di artisti la cantavano, “5 maggio” rispondeva un altro sommo poeta, Manzoni. Sì, era proprio il 5 maggio di tanti anni fa, esattamente 51. Faustinho Cané non sapeva che in quel pomeriggio, sotto le Due Torri bolognesi e in uno stadio dove giocò “il Bologna che faceva tremare il Mondo”, avrebbe messo a segno il suo ultimo gol con la maglia del Napoli. Al 20’ Clerici aveva sbloccato la partita con una rete da fuoriclasse, facendo fuori due difensori e bucando Buso in uscita. Solo due minuti dopo, l’arbitro Angonese concesse un ‘rigorino’ al Bologna per un leggero abbraccio di Landini, quel giorno libero, a Savoldi.

Lo stesso, implacabile, centravanti rossoblu aveva poi trasformato alla destra di Carmignani. All’alba del secondo tempo quel pazzarellone di Vieri (sì, il papà di Bobo) mise il pallone nell’angolo dove ‘Gedeone’ non poteva arrivare e portò in vantaggio i felsinei. Il Napoli, che sembrava un leone ferito nell’orgoglio, attaccò a spron battuto e perfino i difensori andarono vicino al gol. Fu un assedio finché una bomba di Juliano piegò le mani a Buso e Cané, sulla ribattuta del portiere, insaccò con un bel piattone. Due pari ad un quarto d’ora dalla fine. Il risultato non cambierà più. 

L'ultimo gol di Cané col Napoli, a Bologna

L’ultimo gol di Cané col Napoli, a Bologna

Quella del Napoli è stata una camiseta che l’ala brasiliana ha amato più di tutte e che può solo pareggiare il suo incondizionato amore per il Brasile. Lo sappiamo, Cané ha messo radici nella città del Vesuvio fin da subito. Schermaglie ad Agerola, sede del primo ritiro in maglia azzurra, sembrava un bidone perché tirava e non vedeva la porta. Del resto Lauro lo aveva comprato guardando una foto, mica perché aveva sguinzagliato i suoi osservatori in Brasile. La squadra si allena su un campo di patate, lì tra i Monti Lattari, ma Pesaola dice “ad Agerola c’è l’aria buona”. Mai previsione fu più errata. Alla fine del torneo arriva la retrocessione, di un punto, ma arriva.

L’anno dopo, alla ricerca di una collocazione tattica (è punta, mezza punta o trequartista?), il bomber di cioccolato riesce a fare qualche gol, 8 per la precisione. Poi l’incontro fatale con Adelina, la ragazza del Vomero. La ama, la impalma ed è convinto che da Napoli non andrà mai via, soprattutto quando con l’allegra combriccola formatasi con l’arrivo di Sivori ed Altafini, coordinata dal ‘Petisso’ Pesaola, inizia a giocare nel suo vero ruolo e a fare gol. Gli danno il ‘sette’ e con quel numero sarà marchiato per tutta la sua carriera anche se, negli anni della maturità, assaggerà anche il ‘nove’ e il ‘dieci’.

Con l’arrivo di Vinicio, nella stagione 1973-74, gioca 28 volte e mette a segno 7 reti, un bottino fantastico per un trentaquattrenne. Il brasiliano si gasa, gioca bene, ha ancora tanto da dare e si sente ‘protetto’ da un allenatore che parla la sua stessa lingua e che, soprattutto, crede in lui. Salta solo due gare, del resto la squadra non ha alternative, non fanno paura né Fotia né Mascheroni che alla fine racimoleranno pochissime presenze.

Riccardo Mascheroni, il dottore fragile

Cané ha il posto sicuro e la mente sgombra. È lui l’ala del Napoli di quella stagione. L’anno successivo cambiano le carte in tavola. Vinicio ‘punta’ Massa, già con lui all’Internapoli, e crede che una buona alternativa possa essere Rosario Rampanti, ‘cuore Toro’ da Carbonia, Sardegna. 

Arrivano entrambi dal mercato estivo e alla fine saranno tra i protagonisti del secondo posto finale dietro la Juventus. Massa segna 9 reti e Rampanti 2 ma collezionano tante presenze. Cané è praticamente out. Subentra per ben 3 volte ai compagni fino a quando Vinicio lo schiera col ‘dieci’ in Napoli-Lazio. La squadra è sinonimo di attacco ‘bum bum’ con la contemporanea presenza di Massa, Clerici, Braglia e Cané dal primo minuto e gioca un calcio spettacolare. Finisce, però, 1 a 1 perché al gol di La Palma risponde Garlaschelli e la gara si chiude lì.

Il primo dicembre 1974, nel match casalingo col Cagliari, Cané indossa per l’ultima volta la maglia del Napoli in una partita di campionato. Ha la ‘sette’ addosso, è la sua. L’ala brasiliana non sa, però, che sarà l’ultima, il suo ‘triste & solitario final’ è sancito da una ‘manita’. Il Napoli seppellisce i sardi con un 5 a 0 che non ammette repliche. Doppietta di Clerici e Braglia e rete di Juliano. Copparoni, il portiere cagliaritano, dopo il terzo gol chiede la sostituzione.

È affranto, pensa “chissà quanti altri me ne fanno” perché i giocatori in maglia azzurra arrivano da tutte le parti. Entra il povero Vecchi che andrà a raccogliere la palla in fondo al sacco altre due volte. Cané gioca bene e contribuisce alla vittoria con le sue sgroppate ed i cross al bacio per i due ‘punteros’ azzurri. Insomma non sembra un giocatore al termine della carriera. La carta di identità ribadisce che le primavere sono ‘35’. È la classica età, per un calciatore, dove ti fermi a pensare se sei al capolinea o se ne hai ancora nelle gambe e nella testa. I tabellini, però, ci dicono che Cané non giocò più. Almeno in campionato. 

Dieci giorni dopo la gara col Cagliari, il Napoli va ad Ostrava per una trasferta che entrerà nella leggenda per tutto ciò che comportò quella partita. 

La ‘battaglia’ di Ostrava

La squadra di Vinicio aveva già fatto fuori il Videoton e il Porto e sembrava lanciata verso le semifinali. All’andata il Banik Ostrava aveva vinto per 2 a 0 al San Paolo e il ritorno sembrava una sfida impossibile, gli azzurri erano destinati all’eliminazione. In terra cecoslovacca segna Ferradini, al Napoli serve ancora una rete per andare ai supplementari. Vinicio decide così di mettere nella mischia Massa al posto di Rampanti e Cané al posto di Braglia.

Purtroppo le sostituzioni non avranno effetto e il Banik pareggia al minuto ’81 con Slamy. Napoli fuori dalla Coppa, ma quanti rimpianti! La leggenda, che poi è assoluta realtà, narra di una partita epica giocata sul e nel fango, della mancanza di Clerici e di una partenza ritardata dei voli che portò la squadra a Napoli solo di venerdì. Questo accadde prima di quel 2 a 6 casalingo con la Juventus dove il Napoli era sulle gambe e l’unico giocatore in palla, che sfiorò la tripletta, era proprio Clerici, assente nella trasferta. 

Pensate, Faustinho rimetterà la casacca del Napoli solo nel girone finale di Coppa Italia, disputatosi al termine del campionato, nella gara esterna a Torino, sette mesi dopo la partita col Cagliari. È il 12 giugno 1975, gli azzurri, ormai scarichi da un campionato condotto alla grande, perdono 2 a 1. Segna Massa e Cané gioca l’ultima mezz’ora al posto di un inconcludente Braglia che quel giorno fa coppia col centravanti della Primavera, Qualano. Sarà questa la sua vera ultima volta col Napoli. 

Titolo e tabellino dell’ultima gara di Cané col Napoli, in Coppa Italia contro il Torino

In estate comunicano a Cané che non farà più parte della rosa del Napoli per il nuovo campionato ma questo diventa il segreto di Pulcinella. Ad un giocatore così poco impiegato restano poche scelte. Scendere di categoria, accontentarsi di una squadra di basso profilo e magari giocare a ‘gettoni’ o ritirarsi dall’attività agonistica. Bene, Faustinho Cané non opta per nessuna di queste possibilità. Sente la società, vorrebbe allenare i ragazzi del Napoli, trasmettere un po’ della sua esperienza. Il club risponde ‘No, grazie, abbiamo già Rivellino che sta lavorando molto bene. Se ne riparlerà tra qualche anno’. Ed allora l’idea brillante, emigrare.

Sì, Cané viene contattato da una squadra canadese, il Montreal Castors, in cerca di ‘vecchie glorie’ e di giocatori a fine carriera per il lancio del calcio in America. Il brasiliano accetta e gioca alcune gare con loro prima di diventarne allenatore. In squadra i canadesi, che partecipano al campionato di National League, hanno giocatori come il portiere Moreira e Guerreiro (entrambi ex Santos, compagni di Pelé), Brito (nel Brasile Mondiale che annichilì l’Italia nella finale di Mexico 1970), e finanche un napoletano ‘emigrato’, tale Franco Gallina che nel Vicenza e nel Genoa aveva giocato anche contro Cané nel campionato italiano.

Questo per confermare ancora una volta come l’America ha sempre guardato alle vecchie volpi per lanciare uno sport, il calcio, che aveva un seguito davvero esiguo. Proprio l’esempio dei ‘Castori’ farà da modello per il Cosmos di New York che l’anno dopo ingaggerà Chinaglia, Beckenbauer, Pelé, Carlos Alberto ed una miriade di calciatori provenienti dalla perfida Albione, atleti esperti presi dall’Inghilterra e dalla Scozia (forse per una questione di lingua?). Tutta gente che avrebbe dovuto insegnare il calcio agli indigeni americani, le cui sostanziali novità erano i prati sintetici e le maglie personalizzate con i nomi dei calciatori.

Ma la ‘saudade’ stavolta colpì all’incontrario. Cané vuole l’Italia e ci ritorna solo dopo un anno. Non riesce a stare lontano dalla famiglia, dalla sua città di adozione. E finalmente gli viene data l’opportunità di allenare le Giovanili del Napoli. Durò tutto un paio di anni, poi le peregrinazioni nelle serie minori. Allenerà Frattese, Turris, Afragolese, Puteolana, Juve Stabia, Sorrento, Ischia, Sambenedettese prima di tornare, nel 1994-95, per un breve periodo sulla panchina del Napoli per affiancare Boskov che all’epoca era sprovvisto del patentino federale. Anni che sono volati, come quelli che ci separano dal suo ultimo gol in maglia azzurra.

 

Testo di Davide Morgera. Professore e scrittore, cultore della storia del calcio e del Napoli. Ha pubblicato quattro libri:

Cronache dal secolo scorso: atti unici nella storia del Napoli (con Urbone Publishing).

Napoli, sfumature d’azzurro: beffe e belle partite, vittorie e sconfitte. Tutte le sfide nazionali ed europee dal 1909 ad oggi.

Azzurro Napoli. Iconografia inedita di una passione infinita.

Volevo essere Sergio Clerici. Memorie e storie di calcio.

L’immagine di copertina (Cané si complimenta con Clerici per un gol al Cagliari) e le foto del testo sono tratte dall’archivio personale di Davide Morgera e utilizzate su autorizzazione dell’autore.