Claudio Ranieri a Valencia: un’intensa storia d’amore

Claudio Ranieri a Valencia: un’intensa storia d’amore

Aprile 12, 2025 0 Di Philip Supertramp

Era il 14 dicembre 1997 e il Mestalla fremava nell’attesa di vedere all’opera la propria squadra contro il Compostela. Non era un momento facile per il Valencia di Claudio Ranieri: come spesso accade nel calcio, a rischiare più di tutti era proprio l’allenatore. Già la settimana precedente, ad Anoeta, alla vigilia dell’Immacolata, il tecnico romano aveva salvato la panchina grazie a un gol di Mendieta, che aveva strappato un prezioso pareggio contro la Real Sociedad.

Ranieri era subentrato a stagione in corso, dopo l’esonero di Jorge Valdano alla terza giornata. Proveniva da un’annata alla Fiorentina chiusa con un nono posto in campionato, ma impreziosita da un percorso europeo straordinario, interrotto solo in semifinale di Coppa delle Coppe dal Barcellona di Figo e Ronaldo.

Nonostante l’esperienza internazionale, Ranieri era ancora un semi-sconosciuto a Valencia, accolto con scetticismo e circondato da molti interrogativi.

Emblematica, in tal senso, fu la sua presentazione ufficiale: il presidente Paco Roig lo annunciò pubblicamente chiamandolo “Rinaldi“, e il tecnico si fece notare sin da subito per la totale assenza di dimestichezza con la lingua spagnola. Rimase celebre una delle sue prime dichiarazioni, in un improbabile “itañolo”: “Se uno tiene los cojones pone los cojones, si uno tiene calidad pone calidad.”

Ranieri, però, non si perse d’animo e iniziò subito a plasmare una squadra che, sotto Valdano, aveva mostrato un calcio bello ma poco concreto. L’allenatore italiano portò pragmatismo, compattezza difensiva e ripartenze rapide. A farne le spese furono due pupilli dell’ex tecnico argentino: Romario, ceduto a gennaio al Flamengo, e Ortega, nonostante il grande affetto che il pubblico valenciano nutriva per lui.

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Anche quel pomeriggio di metà dicembre seguì lo stesso copione. Il Valencia sbloccò presto il risultato grazie a un pallone recuperato da Carboni sulla trequarti avversaria, trasformato in gol da Claudio López con uno stop perfetto e un destro al volo. Ma la partita restava in bilico, e il Mestalla, che fino a quel momento aveva visto la propria squadra vincere in casa solo due volte, cominciava a rumoreggiare, invocando a gran voce l’ingresso di Ortega.

A cambiare l’inerzia del match fu un lancio lungo per il “Piojo” López, che superò il portiere e servì a Vlaovic un pallone da spingere solo in rete. Poi arrivarono le reti di Angulo e, infine, di Ortega, che trasformarono i fischi in applausi scroscianti. Da quel momento in poi, il Valencia cambiò passo: nelle successive 15 partite collezionò 10 vittorie, realizzando imprese leggendarie come la clamorosa rimonta da 3-0 a 3-4 al Camp Nou contro il Barcellona, e i successi contro il Real Madrid e l’Athletic Bilbao.

Ranieri aveva trovato il giusto equilibrio tra veterani come Zubizarreta, Angloma, Djukic e Carboni, e giovani talenti come Farinós, Mendieta e Claudio López, che esplose definitivamente come bomber grazie alla sua velocità devastante.

Ma la vera rivelazione fu Gaizka Mendieta, che non solo incantava con la sua qualità, ma iniziava a decidere le partite con gol spettacolari.

Nel frattempo, anche Ranieri aveva imparato il castigliano e conquistava sempre più simpatia tra tifosi e giornalisti, grazie al suo lavoro, al carattere spontaneo e alla celebre risata. Menzione speciale merita Adrian Ilie, “la Cobra”, come lo soprannominò lo stesso Ranieri: “è letale come un cobra: ti morde e ti uccide”. Arrivato nel mercato di gennaio, l’attaccante rumeno ripagò la fiducia del tecnico e del pubblico con 12 gol in 17 partite.

L’estate successiva fu ricca di cambiamenti. Dopo l’addio di Ortega, trasferitosi alla Sampdoria, il Valencia si rinforzò in ogni reparto.

In difesa arrivarono il francese Alain Roche dal Paris Saint-Germain e lo svedese Joachim Björklund dai Rangers di Glasgow, aumentando la solidità del reparto. A centrocampo, lo svedese Stefan Schwarz, prelevato dalla Fiorentina, portò dinamismo e tiri da fuori, spesso trasformati in gol. In attacco giunse Cristiano Lucarelli dall’Atalanta, autore di 6 reti in 22 partite, anche se non riuscì mai a imporsi da titolare, chiuso dalla concorrenza di Claudio López, Ilie e Vlaovic.

Il vero colpo di mercato fu però Santiago Cañizares. Dopo il ritiro di Zubizarreta, il Valencia aveva bisogno di un portiere di altissimo livello. Proveniente dal Real Madrid, Cañizares sarebbe rimasto per dieci anni, diventando una leggenda del club.

Il Valencia vinse la Coppa Intertoto, qualificandosi così per la Coppa UEFA 1998-99, dove fu eliminato ai sedicesimi dal Liverpool solo grazie alla regola dei gol in trasferta. In campionato, la squadra di Ranieri chiuse al quarto posto, conquistando per la prima volta nella sua storia la qualificazione alla Champions League.

Ma il vero capolavoro fu la conquista della Coppa del Re. Dopo aver eliminato il Levante agli ottavi, il Valencia si trovò di fronte il Barcellona ai quarti, in una doppia sfida leggendaria. Al Camp Nou, la squadra di Ranieri vinse 2-3 con una doppietta di Claudio López e un gol meraviglioso di Mendieta su volée da calcio d’angolo. Al ritorno, il Mestalla esplose di gioia: 4-3 per i padroni di casa, ancora con protagonista Claudio López, autore di una doppietta, insieme ai gol di Angulo e Mendieta.

In semifinale il Valencia travolse il Real Madrid con un clamoroso 6-0 al Mestalla, amministrando poi il ritorno al Bernabéu (1-2).

Centenario Mestalla: il cuore di Valencia

Il 26 giugno 1999, alla Cartuja di Siviglia, il Valencia sollevò la sesta Coppa del Re della sua storia, battendo l’Atlético Madrid 3-0. Dopo il gol iniziale di Claudio López, arrivò il capolavoro di Mendieta: controllo di petto, rimbalzo sul ginocchio e tiro al volo a superare tre difensori. Infine, nel finale, Cañizares lanciò lungo ancora per Claudio López, che bruciò tutti in velocità e siglò il tris.

Quella Coppa del Re non fu solo un trofeo: fu la fine di un lungo digiuno durato vent’anni, un riscatto per un popolo che aveva conosciuto sofferenze e delusioni, fino alla retrocessione in Segunda División.

Ranieri, non trovando l’accordo per il rinnovo, lasciò il club a fine stagione per accasarsi proprio all’Atlético Madrid. Ma la sua eredità fu preziosa: lasciò a Héctor Cúper prima e Rafa Benítez poi le basi di una squadra che avrebbe vinto due Liga, una Coppa UEFA e raggiunto due finali di Champions League.

Ranieri tornò al Valencia nell’estate del 2004, dopo l’addio di Benítez. Iniziò con una sconfitta nella Supercoppa di Spagna contro il Real Zaragoza (0-3), ma si riscattò poche settimane dopo vincendo la Supercoppa Europea contro il Porto (2-1, gol di Baraja e Di Vaio). Tuttavia, la seconda avventura non fu altrettanto felice: complice anche gli infortuni di giocatori chiave come Vicente e Aimar, Ranieri fu esonerato dopo l’eliminazione in Coppa UEFA contro lo Steaua Bucarest.

Il 24 marzo 2019, in occasione del Centenario del club, il Mestalla ospitò una sfida tra le leggende della Nazionale spagnola e quelle del Valencia: tra cui Cañizares, Vicente, Claudio López, Angulo, Carboni, Albelda, Farinós, Kily Gonzalez. In panchina, a guidare le leggende valenciane, non poteva che esserci Don Claudio Ranieri.

Come disse proprio Cañizares: “Ranieri portò concetti nuovi, psicologia, preparazione fisica, professionalità dall’Italia. Fu il primo a mettere la prima pietra vincente nel Valencia con la Coppa del Re del 1999”

Il Valencia, grazie a lui, aveva compiuto quel passo decisivo per tornare tra i grandi di Spagna e costruire un futuro da protagonista anche in Europa. E tutto questo, lo aveva fatto un allenatore romano che, ovunque sia andato, ha sempre lasciato il segno. E si è sempre fatto amare.

 

Testo a cura di Philip Supertramp – Instagram @ilsignoredellaliga.

Immagine di copertina tratta da Wikimedia Commons.