Alexia Putellas ha cambiato il calcio
Giugno 19, 2025 0 Di Philip SupertrampVi ricordate la prima scena del film di Barbie, dove delle bambine annoiate, con la musica in sottofondo di Odissea nello Spazio, stanno giocando con delle bambole, fino a quando non appare Barbie (Margot Robbie)?
Se quella scena rappresenta la metafora della prima grande rivoluzione della donna, l’immagine di Alexia Putellas con in mano il Pallone d’Oro al centro della copertina di Marca del 30 novembre 2021, con Messi relegato in alto piccolino con il suo settimo Pallone d’Oro, rappresenta l’ultima grande rivoluzione della donna, calciatrice e non solo. Perché Alexia non è solo una calciatrice eccezionale, la migliore del mondo con due Palloni d’Oro al braccio, ma poco a poco si è trasformata in un’icona femminile. Oggi non è raro sentire le bambine, quando si chiede loro chi vorranno essere da grandi, rispondere senza esitazione: “Alexia Putellas”.
Cosa che appena un decennio fa sembrava un’utopia.
Il calcio femminile è rimasto per anni in un angolo quasi invisibile del panorama sportivo, relegato ai campetti di periferia. Ma negli ultimi tempi le cose sono cambiate. Le federazioni investono, i media trasmettono e gli sponsor si affacciano con interesse crescente.
Fino a poco tempo fa era impensabile vedere i grandi stadi “maschili” aprire le loro porte a match femminili di cartello; invece, ultimamente sta diventando sempre più comune e in certi casi con un notevole successo, come i 91.000 del Camp Nou per le grandi notti di Champions League o gli 87.000 di Wembley nella finale dell’Europeo del 2022 tra Inghilterra e Germania.
Questo boom non è solo un fenomeno passeggero, ma è un movimento che è arrivato per restare e che, poco a poco, sta conquistando sempre più spettatori. Un momento chiave fu il Mondiale femminile del 2019, dove la FIFA registrò un’audience stimata superiore al miliardo di persone, con più di 6 milioni di italiani connessi a vedere la partita della fase a gironi tra Italia e Brasile.
Tutto questo perché le leghe femminili stanno raggiungendo un livello sempre più alto livello come la Liga F spagnola, la Women’s Super League inglese o la nostra Serie A Femminile, che sono ormai regolarmente visibili in TV e in chiaro (in Italia, DAZN e la Rai trasmettono gran parte degli incontri). E, per la prima volta, è nata di recente la collezione Panini interamente dedicata alle calciatrici.
Alexia è nata a Mollet del Vallès, un paese vicino a Barcellona, col pallone cucito al piede fin da quando ha memoria. Esordì nel 2010, a 16 anni, con la maglia dell’Espanyol per poi, nella stagione 2011-12, trasferirsi al Levante. Con la maglia granota è dove esplose definitivamente: 15 reti in 34 partite, un’ottima visione di gioco, un sinistro educato a carezzare il pallone. Tutto questo fece sì che quell’estate Alexia tornasse al Barcellona.
Purtroppo, il destino fu crudele: suo padre morì poco prima che Alexia riuscisse a realizzare il sogno di una vita, esordire con la maglia del Barcellona nel 2012.
Nel discorso del suo primo Pallone d’Oro iniziò con “Esto es por ti papá”. Perché era stato Jaume Putellas a trasmetterle l’amore per il calcio, era lui che la portava agli allenamenti, l’accompagnava alle partite e credeva ciecamente nel suo potenziale in un’epoca in cui il calcio femminile era ancora ai margini. E soprattutto, credeva nella sua passione per il Barça.
La trasformazione di Alexia è andata di pari passo con quella del Barça femminile. Da una squadra che lottava per consolidarsi nell’élite nazionale a diventare una superpotenza europea. Nel mentre, Alexia da giovane promessa si era trasformata in capitano.
Una calciatrice totale, capace di costruire il gioco dal centrocampo, di rompere le linee con passaggi impossibili, di arrivare in area con la concretezza di una punta. Ma soprattutto, Alexia è voglia di non accontentarsi, di dimostrare di essere una top player, è gana di conquista di trofei. Una leader silenziosa, che contagia le sue compagne.
Il vero impatto di Alexia Putellas non si misura solo in titoli o in gol, che sono molti. Si misura nel cambiamento di percezione, nella rottura di barriere invisibili. E se c’è un momento che incapsula questa esplosione, sono i quarti di Champions League del 2022: per la prima volta il Barcellona Femení giocava al Camp Nou e davanti a loro c’era il Real Madrid. Quella sera, per il Clásico, c’erano oltre 91.000 spettatori, e ancora una volta, apparve Alexia, non solo sul campo, ma anche tra il pubblico. Al momento del suo gol, la calciatrice spagnola, come ogni condottiero, non risultò banale.
Andò davanti al suo pubblico e si inchinò, come per dire: “Io sono qui che porto avanti la rivoluzione, ma senza di voi tutto questo sarebbe impossibile”. Piccoli gesti, che però entrano nella menta collettiva.
Ma la grandezza di Alexia si è forgiata anche nell’avversità. Prima dell’Europeo del 2022, la rottura dei legamenti del ginocchio sinistro la costrinse a fermarsi, ma, come si può vedere dal titolo del suo documentario Labor Omnia Vincit, la capitana del Barcellona ha forgiato le sue vittorie nel lavoro e nel sacrificio.
Certo, fu un duro colpo che la tenne lontana dai campi da gioco per quasi dieci mesi. Durante quel tempo interminabile, tutti si chiedevano se la “Regina” sarebbe tornata la stessa. Il suo ritorno fu graduale, misurato, forse per alcuni troppo lungo, ma culminò nella miglior maniera possibile.
Nella finale della UEFA Women’s Champions League del 2024, contro l’Olympique Lione, a San Mamés, il Barcellona aveva l’opportunità della rivincita della finale persa due anni prima. Il Barcellona andò in vantaggio con Aitana Bonmatí, ma non riusciva a chiudere il match e la bestia nera dei blaugrana stava spingendo alla ricerca del gol del pareggio. Quella sera sembrava che non ci fosse posto per Alexia.
La numero 11 entrò al 90°, sotto la lavagnetta che segnava i 6 minuti di recupero. Ma alla regina bastarono due minuti. Claudia Pina le passò la palla poco fuori l’area e lei, con il suo solito mancino, certificò la vittoria (2-0) e la seconda Champions League di fila per i blaugrana.
Un gol che significava il ritorno trionfale, il “sono tornata” di una leader.
Il calcio, come la vita, è un ciclo costante di evoluzione e di passaggio di consegne. Durante il periodo in cui Alexia si stava riprendendo dal suo grave infortunio, il Barcellona e la nazionale spagnola avevano bisogno di una nuova leader, un faro a centrocampo. E quella luce emerse nella figura di Aitana Bonmatí. Aitana prese le redini e portò la squadra a nuove vette, conquistando un Mondiale con la Spagna e un Pallone d’Oro che la incoronò la migliore del mondo.
Questo “cambio di trono” non fu un’abdicazione, ma una successione naturale e una testimonianza della profondità della rosa del Barça. Alexia, dalla panchina, fu la prima a celebrare i successi di Aitana, dimostrando l’unità e lo spirito collettivo che definiscono questa squadra. Perché Alexia Putellas è molto più di una calciatrice. È l’architetta di un sogno, la pioniera che ha demolito i muri del conformismo e l’ispirazione per migliaia di bambine che oggi vedono in lei uno specchio in cui riflettersi. La sua eredità non è solo quella di una giocatrice straordinaria, ma quella di una donna che, con il suo talento, il suo impegno e la sua incredibile capacità di superare le avversità, ha cambiato per sempre la mappa del calcio femminile.
Testo di Philip Supertramp, redattore per F&L e autore della pagina IG @ilsignoredellaliga
Immagine di copertina tratta da Wikipedia.


