Romagnoli e Pisculichi: il lato romantico dell’essere un enganche

Romagnoli e Pisculichi: il lato romantico dell’essere un enganche

Agosto 3, 2025 0 Di Alessandro Sanna

Viviamo in un mondo frenetico nel quale le dinamiche sociali, politiche o semplicemente le mode, gli usi e i costumi mutano rapidamente. Il calcio non è esente da tali cambiamenti e diventa quasi un fatto normale che negli occhi del me quarantenne, oggi osservatore appassionato di calcio, alcuni aspetti rimangono solo un ricordo.

L’enganche: il lato romantico di un calcio che non esiste più

Il giocatore che collega centrocampo e attacco o che, più banalmente, li “aggancia” l’uno a l’altro. Non stiamo parlando, però, del classico numero dieci, di quel fantasista tipico anche del calcio europeo, che muovendosi liberamente nella trequarti avversaria si crea lo spazio per servire i compagni o rifinire l’azione. L’enganche è, invece, espressione di un modello culturale differente, tipicamente e profondamente argentino.

L’enganche è nato e cresciuto in strada, nei potreros, dove tecnica e ingegno permettono di emergere sugli altri. È il padrone delle situazioni difficili risolvibili solo con il genio e la fantasia. Rispetto al trequartista, l’enganche è più statico, si muove meno e quasi mai in orizzontale. Sta lì, fermo, a colmare quel buco centrale tra le linee con i compiti cruciali di distribuire il pallone e cucire il gioco. Può essere considerato un regista. Lo è ma nell’accezione più fantasiosa del termine. È in grado di pensare prima degli altri, di vedere, là dove gli altri non lo vedono, quel passaggio chiave che trasforma un’azione, in quel momento insignificante, in pericolosa. Tutto, però, nel modo più creativo possibile.

Il giocatore totale: nascita ed evoluzione di un mito sudamericano

L’enganche corre poco, non difende, a meno che l’avversario con la palla tra i piedi non stia passando proprio lì nella sua zona. Tendenzialmente è pigro. Questa sua attitudine è ampiamente accettata da compagni, allenatore e tifosi in cambio di una qualità eccelsa nell’accarezzare il pallone e di una visione di gioco fuori dal comune. Il pallone è un tutt’uno con la sua fantasia. Lo doma, lo nasconde e ne fa ciò che vuole prendendosi letteralmente gioco dell’avversario.

Ricardo Bochini, Norberto Alonso, Marcelo Gallardo, Román Riquelme, Pablo Aimar sono solo alcuni dei calciatori che hanno espresso, seppur con alcune differenze, l’arte di enganchar.

Pipi e Piscu: un enganche è per sempre

Una delle caratteristiche che rende iconico e poetico il ruolo dell’enganche è il legame tra il calciatore, i suoi compagni e la tifoseria. Un rapporto che abbandona gli aspetti puramente calcistici e si eleva a qualcosa di superiore in un contesto dove davanti a tutti c’è l’uomo. L’enganche non è solo il calciatore di riferimento in campo. Non si tratta solamente di un leader tecnico ma di una guida spirituale. È l’uomo verso cui i compagni e i tifosi cercano speranza fuori e dentro al campo. È colui che incarna l’identità del club e che per il club sarà sempre un simbolo.

Romagnoli e Pisculici sono stati due calciatori importanti in un’epoca nella quale il ruolo dell’enganche stava piano piano scomparendo. Seppure vi siano state delle differenze, tecniche e tattiche, nell’interpretazione del ruolo il punto chiave che li accomuna è, senza dubbio, il legame viscerale che hanno creato con le rispettive tifoserie.

Leandro Romagnoli è il San Lorenzo e il San Lorenzo è Leandro Romagnoli. Un legame inscindibile nato nelle giovanili e proseguito poi per quindici anni scissi in due differenti periodi. Nel mezzo, infatti, la parentesi estera tra Messico e Portogallo. Il suo soprannome, Pipi, è spesso accostato a persone di corporatura esile e statura non molto elevata. Un fisico non propriamente robusto che, unitamente all’abilità nel dribbling e a un’innata visione di gioco lo hanno reso un enganche perfetto.

Il Papa “Cuervo”: storia del rapporto tra Bergoglio e il San Lorenzo

Se dovessi citare poi un club per il quale l’identità è un fattore chiave nella propria storia, quel club sarebbe decisamente il San Lorenzo. Il senso di appartenenza proprio di chi ha subito una storia travagliata e cerca di fare ritorno al proprio quartiere di origine è condiviso da un calciatore che ha vestito la maglia del Ciclón per oltre 400 partite in carriera e che anche dopo il ritiro si è sempre messo a disposizione nei momenti difficili.

Rispetto a Romagnoli, Leonardo Pisculichi ha avuto una carriera molto più itinerante che lo ha portato a giocare, oltre che in Argentina, anche in Spagna (Mallorca e Burgos), in Qatar (Al-Arabi), in Cina (Shandong Taishan) e in Brasile (Vitoria). Nonostante questo, e nonostante i soli due anni passati a Nuñez, Piscu, è diventato idolo indiscusso del popolo del River Plate.

Se da una parte Romagnoli rappresenta l’uomo che c’è sempre stato, Pisculichi incarna invece i panni dell’eroe inaspettato, l’eroe della rinascita dopo il buio della retrocessione del 2011. L’uomo del riscatto e calciatore, insieme a Marcelo Barovero, più decisivo della prima epoca di Gallardo come tecnico. Piscu non era un leader particolarmente carismatico ma la cui leadership veniva manifestata dalla qualità delle sue giocate. Piscu è stato l’artefice del successo nella Copa Sudamericana del 2014, primo titolo internazionale per il River Plate dopo diciassette lunghi anni di attesa. Fu proprio lui a realizzare la rete decisiva nella semifinale di ritorno contro il Boca Juniors, dopo lo 0-0 della gara di andata, ripetendosi poi nella finale di andata contro i colombiani dell’Atletico Nacional.

Il suo contributo fu determinante anche l’anno successivo nella conquista della Copa Libertadores del 2015. Un contributo essenziale per la vittoria della Libertadores lo ebbe anche Romagnoli per il San Lorenzo nel 2014. Un apporto determinante che non emerge dai tabellini ma che è saldo nella memoria di chi ricorda le partite chiave di quella competizione che ha reso il Pipi il calciatore più vincente della storia del club di Boedo.

Il calcio del presente e del futuro senza l’enganche

In un calcio che corre sempre più veloce, in cui ogni posizione è calibrata sulla massima efficienza fisica e tattica, figure come Pipi e Piscu sono ormai quasi del tutto scomparse. I due idoli di San Lorenzo e River Plate ci ricordano un’epoca in cui l’ingegno, la fantasia e il legame profondo con il loro popolo potevano compensare le lacune fisiche o atletiche e decidere le sorti di una partita.

Romagnoli e Pisculichi non sono solo due cognomi, ma rappresentano il ricordo di un calcio romantico che per fortuna resiste alla naturale evoluzione del gioco.

 

Alessandro Sanna è un insegnante, tifoso del Cagliari e del Newell’s Old Boys, esperto di calcio sudamericano.

Ha scritto tre libri: “Fantasie calcistiche rioplatensi: Storie di fútbol tra fantasia e realtà

 ¡Que viva el fútbol!: Storie, aneddoti e cronache delle più accese rivalità sudamericane”.

“Cagliari è celeste: storia di un amore mistico oltre il calcio”.

Fondatore della pagina, del Podcast e del canale twitch “Que Viva el Fútbol”. 

Collabora con Carlo Pizzigoni a “La Fiera del Calcio”.

Immagine di copertina (Leandro Romagnoli) tratta da Wikipedia.